Mostra Fotografica
On The Road
AMERICANA
Fotografie di Rosalba Proto e Dario Audisio
Stati Uniti: la Frontiera, il Sogno. Per la nostra generazione (ma anche per la successiva) sono stati, da ragazzi, attraverso la letteratura ed i fumetti, il simbolo dell’avventura; da adolescenti, attraverso la letteratura ed i volantini, il simbolo della protesta; da adulti, attraverso la letteratura ed i giornali, il Modello da seguire o da combattere. In tutte queste fasi, onnipresente, la musica americana dagli albori del jazz e del blues, passando per Elvis, Janis Joplin, Bruce Springsteen, sino ai giorni nostri.
Negli Stati Uniti s-confinati si trova tutto ed il contrario di tutto: è l’Impero, contenente tutto il bene e tutto il male del mondo, non diversamente dall’ultimo Impero, quello Romano, che ha visto nascere la propria decadenza non dalla ferita di barbari esterni, ma lasciando crescere l’oscurità del declino all’interno del proprio essere ed esistere; ed il fascino è qui: abbiamo il “privilegio” di assistere all’inizio del declino di un Impero? Nel viaggio di cui sono frutto, tra altre, le foto qui esposte, abbiamo passato la notte nelle capanne degli schiavi in una piantagione di cotone della Louisiana, unico posto in cui, cinque generazioni prima di Martin Luther King e sette generazioni prima di Barack Obama, potessero dormire gli schiavi importati dagli Europei negli Stati Uniti, mentre gli Europei stessi si dedicavano ai Nativi Americani, creando così il “sogno”. Gli stessi Europei che si fanno ricchi della loro storia millenaria, snobbando quei tre secoli americani che invece hanno impresso un’impronta indelebile sulla loro quotidianità attuale, dal punto di vista politico, economico, ma soprattutto culturale: pensiamo alle arti grafiche, all’architettura, alla stessa fotografia (basti citare Ansel Adams), a livello conscio o inconscio: trovate qualcuno cui, guardando una motocicletta “custom”, non affiori sulle labbra Easy Rider o qualcuno che, vedendo un portico di una fattoria in legno con sedie a dondolo, non pensi a Via Col Vento. Per non parlare di quello che ormai tutti sono in grado di vendere come “il modello americano”, impacchettando – tra tutto – quel che più fa comodo, di solito il peggio. Abbiamo visto grattacieli, fiumi lungo i quali la musica è nata e cresciuta; abbiamo visto contraddizioni, povertà, obesità indotta, crisi sociale, simboli della grandezza politica americana e simboli della decadenza imperiale, in un continente dove convivono l’anarchico Noam Chomsky ed i grandi fabbricanti di armi, il regista Michael Moore ed i grandi speculatori della Borsa, chiedendoci se questo è declino o semplice fase di stallo, verso un futuro cambiamento.
Ma se questo è declino, che cosa l’Impero Occidentale ci avrebbe lasciato per costruire il MedioEvo successivo? Se ci guardiamo ad Oriente, con quell’economia sul tipo Rivoluzione Industriale Europea dell’Ottocento, con fabbriche di marionette le cui fila riconducono poi esattamente qui, non lo vediamo, un futuro; non lo troviamo neppure guardando ad un’Africa dove non necessita il cercar fili per vedere il pesante tallone che la schiaccia nelle sue ricchezze e possibilità, tra rivoluzioni guidate ed armate da un’economia senza scrupoli. Forse il nuovo sogno è più a Sud, dove una nuova America cerca di affermare se stessa, come fece trecento anni fa quella del Nord. Forse la prossima rassegna potrà essere anch’essa “americana”; ¡Que Viva!