“Viaggiare e’ il piu’ personale dei piaceri. Non c’e’ niente di piu’ noioso del viaggiatore che ti assilla con i suoi racconti” (Vita Sackville-West)
Raccontare un viaggio e’ molto difficile perche’, verbalizzando, si perde l’immediatezza delle immagini stesse.
In viaggio si sentono odori che appartengono al luogo; le emozioni che si provano restano li’ perche’ appartengono a quell’istante.
Cio’ che ha dato una fisionomia precisa ed oggettiva a questo viaggio e’ stata la Bellezza. La Bellezza si manifesta sovrastante nei paesaggi, nei gesti, nelle parole non dette, negli sguardi curiosi, a volte tristi e pieni di dolore. La Bellezza che per secoli si e’ affinata e cresciuta nelle montagne come nelle moschee, che ha reso un popolo ospitale facendoci riscoprire la sacralita’ dell’accoglienza.
Questa parte della Turchia porta alla memoria le suggestioni della “valle tra i due fiumi” e sembra una magia: la Mesopotamia si srotola proprio qui, come un tappeto finemente tessuto.
L’oscura Trabzon, le valli georgiane, la grandezza di Ani, il tempio del fuoco e le chiese armene con le potenti croci di pietra (katchkar) nella steppa silenziosa ed assolata; e’ come aprire un grande libro di storia e di mitologia. Popoli che distruggono, altri popoli che ricostruiscono,
lasciando ognuno un proprio vessillo. Siamo arrivati fino alla regione dell’Hatay passando per il Kurdistan ed infine risalendo verso il Mar Nero da Sivas e Divrigi.
Abbiamo incontrato e conosciuto Turchi, Kurdi, Arabi, musulmani, cristiani, aleviti ed ognuno e’ diventato parte della nostra memoria.