IL FLASH: CHI LO SA UTILIZZARE APPIENO?

Esistono vari accessori, tutti indispensabili per fare foto un pò ‘diverse’ dalla solita foto amatoriale/dozzinale, che danno la possibilità al fotografo di esprimere una propria creatività: mi riferisco ai filtri, al cavalletto, al flash;
mentre i filtri sono di facile utilizzo e poco ingombranti, mentre il cavalletto è ingombrante ma di riconosciuta necessità, per qunto rigurda il flash si sentono spesso anche professionisti dire ‘preferisco non usarlo’, ‘poche volte è necessario’, ‘sono meglio le foto senza flash che quelle con’ e così via, per cui anche chi possiede il flash spesso lo lascia a casa, dopo un periodo di entusiastica prova iniziale. La mia opinione è che il più delle volte questi argomenti vengono sostenuti perchè in realtà usare bene e consapevolmente il flash è spesso più complicato che saper usare la stessa macchina fotografica… Complicato ma non così da non usarlo perchè frustrati dai primi, pochi tentativi.

Intendiamo redigere (alla solita maniera di questo forum, mettendo insieme 1. quel che sappiamo, 2. quel che si trova in giro sul web, 3. i vostri preziosi interventi) due guide sull’utilizzo della luce in fotografia, la prima è questa sul flash, ne seguirà un’altra sull’illuminazione da studio.

Premettiamo che questa guida parte da due presupposti:
I) se saputo utilizzare, il flash è utile in più del 50% delle foto che scattate, qualsiasi sia il vostro ambito preferito (ci avviciniamo al 100% per le macro o i ritratti, ad un buon 15% per i paesaggi, al 50% per reportage o sport);
II) saper utilizzare il flash non significa solo usarlo in modalità TTL (è un pò come usare solo in automatico la stessa macchina fotografica), ma bisogna conoscere anche il funzionamento in manuale, in Auto, conoscere la modalità sincro o il fill-in. In realtà per utilizzare bene un flash avanzato, che ha la comodità del funzionamento TTL, bisognerebbe avere in passato posseduto un flash manuale meno avanzato; ripeto, è come usare in modalità automatica la macchina fotografica: non c’è nulla di male, ma la creatività viene spesso fuori se siamo noi a dire alla macchina o al flash cosa fare, invece di farci comandare da loro.

– Esistono casi in cui la bravura del fotografo sta nel non usare il flash, per riportare correttamente la luce ambiente, come (fotografie di Alessandra Verdecchia © 1999, da www.nadir.it)

In questi casi, invece del flash, occorrono: cavalletto, alti ISO (400), ottiche molto luminose (50/1.4 oppure 85/1.4).

– Esistono casi in cui la luce ambiente è sufficiente; ma quando non lo è (e sarete d’accordo che magari è anche la maggioranza dei casi)? Allora, come lo definisce il fotogrfo Michele Vacchiano, diventa indispensabile saper utilizzare il ‘sole portatile’: ‘Il flash non serve solo quando è buio. Anzi, quando è buio raramente serve davvero. E allora quando? Soprattutto quando ci sono delle ombre da schiarire, dei contrasti da compensare, degli effetti di luce da creare. Perché lui, il flash, non è un comune accessorio. No, lui è il nostro piccolo sole portatile!’. Riportiamo qui estrapolando dall’articolo linkato, integrandolo via via (LE FOTO RIPORTATE SONO TRATTE dal manuale del Flash NIKON SB-800):

La luce solare genera ombre e queste ombre sono tali da deturpare irrimediabilmente anche il viso più grazioso. Se avete già fotografato una bella ragazza sulla spiaggia nelle ore centrali della giornata capirete perfettamente a che cosa mi riferisco: gli occhi resi invisibili dall’ombra dell’arcata sopraccigliare, il volto scavato dall’ombra degli zigomi, ma soprattutto l’ombra del naso che taglia in due il labbro superiore. I fotografi di una volta, quelli che giravano per le spiagge con la Leica a telemetro e l’Agfapan 25, avevano una regola fissa: esporre per le ombre e sviluppare per le luci, il che significa, in parole più tecniche, sovraesporre e sottosviluppare allo scopo di mantenere contenuti i contrasti. Il resto lo facevano in fase di stampa, ché la pancromatica a grana fine la potevi strapazzare come volevi sotto l’ingranditore. Con le invertibili a colori, la cui latitudine di posa è elastica quanto un cavo di acciaio al molibdeno, questo non si può fare, e l’unico modo per mantenere basso il contrasto è agire in fase di ripresa. Il che vuol dire essere capaci di ammorbidire le ombre.

Un altro problema è costituito dal controluce. Il sole al tramonto sullo sfondo è sicuramente suggestivo, ma in simili condizioni non è possibile illuminare correttamente anche il soggetto principale, che rischierà di apparire come una sagoma nera e indistinta. Una misurazione spot sul soggetto non risolverebbe le cose, dal momento che causerebbe un’eccessiva sovraesposizione dello sfondo, con effetti tutt’altro che gradevoli.

I metodi utilizzabili per ammorbidire le ombre e per compensare i contrasti eccessivi sono numerosi. Il più semplice è l’uso di una superficie riflettente. Fotografando sulla spiaggia, è sufficiente chiedere al soggetto di entrare nell’acqua per qualche metro: la superficie liquida, illuminata dal sole, si comporterà come uno specchio e illuminerà il soggetto anche dal basso, creando una compensazione naturale. Lo stesso vale per la neve e – in minor misura – la sabbia. Un semplice pannello riflettente può essere ricavato anche da un lenzuolo, o da un asciugamano bianco. Altre volte si utilizzano materiali quali il polistirolo espanso, l’alluminio in rotoli, o attrezzature appositamente studiate come il classico ombrello da fotografo.
Ma perché andarsi a complicare la vita? No, scusate, ma tutte le volte che mi vien voglia di fare una foto alla ragazza devo mettermi lì a cercare un asciugamano bianco, oppure farla entrare nell’acqua anche se non vuole? E se siamo in un giardino dove caspita la trovo l’acqua? Devo forse portarmi dietro un pannello di polistirolo? Insomma, non è cosa.
E allora? Allora impariamo dai fotografi di matrimonio e non usciamo mai da casa senza aver messo nella borsa fotografica almeno un flash.
Dopodiché impariamo come si adopera in luce diurna, l’utilizzo delle funzioni fill-in o slow-synch.

Per capire bisogna andare con calma e seguire il discorso passo passo. Ritorniamo ai fotografi di matrimonio. Loro usano il flash senza problemi e senza dover fare troppi calcoli non tanto perché utilizzino funzioni sofisticate, quanto perché usano di solito fotocamere di medio formato dotate di otturatore centrale. Lo svantaggio dell’otturatore centrale è che non sono possibili i tempi di otturazione rapidissimi che caratterizzano le reflex dell’ultima generazione (anche se un giorno qualcuno mi dovrà spiegare che cosa se ne fa di 1/8000 di secondo); il vantaggio è costituito dalla possibilità di sincronizzare il flash con tutti i tempi di otturazione. In questo modo si può giocare con la luce a proprio piacimento, sommando la luce lampo alla luce ambiente oppure escludendo del tutto l’influenza di quest’ultima, a seconda delle esigenze di ripresa.

Al contrario, le reflex di piccolo formato hanno un otturatore a tendina sul piano focale (molto più economico dal momento che esiste un solo otturatore nella macchina e non tanti otturatori quanti sono gli obiettivi del corredo), che presenta un limite invalicabile costituito dal tempo minimo di sincronizzazione.

Di che cosa si tratta? Pensiamo per un attimo che nell’otturatore a tendina il tempo di otturazione non è stabilito dal vero e proprio tempo durante il quale le lamelle rimangono aperte (come avviene nell’otturatore centrale), ma dalla larghezza della fessura tra le tendine che scorrono davanti alla finestrella di esposizione. Nei tempi veloci, la seconda tendina “parte” quando la prima non è ancora arrivata a fine corsa, determinando così una fessura più o meno larga. A mano a mano che si allunga il tempo di otturazione, la fessura si fa sempre più larga, fino al momento in cui essa diviene larga quanto la finestrella di esposizione. A questo punto la seconda tendina parte quando la prima è già arrivata a fine corsa, il che significa che per un breve istante la finestrella di esposizione rimane totalmente scoperta. È in questo momento che può partire il lampo, con la certezza che tutto il fotogramma ne risulterà correttamente illuminato. Se si facesse partire il lampo quando si usano tempi più rapidi, si otterrebbe un negativo solo parzialmente illuminato dal flash, in quanto la parte dell’inquadratura parzialmente coperta dalle tendine in corsa subirebbe soltanto l’influsso della luce ambiente.

 

INCISO: FUNZIONAMENTO DELL’OTTURATORE

L’otturatore centrale è costituito da diverse lamelle che, premendo il pulsante di scatto, si aprono e si chiudono e permettono al fascio di luce raggiungere la pellicola per il tempo necessario ad una corretta esposizione. Trovandosi al centro dell’ obiettivo ed aprendosi ad iride espone contemporaneamente tutta l’ immagine.
Non permette tempi molto veloci, 1/500di sec. max, ma è facile da sincronizzare: infatti con il lampo Flash permette la sincronizzazione fino ad 1/500 di sec., tempo ottenibile grazie al fatto che aprendosi ad iride (partendo dal centro) espone tutta l’ immagine contemporaneamente.
In genere si trova sugli obiettivi per medio formato e grande formato.

L’otturatore a tendina è quello usato sulle reflex 35mm , con due varianti: a scorrimento orizzontale ed a scorrimento verticale.
Il suo funzionamento è completamente diverso dall’ otturatore centrale: in realta le tendine sono due, al momento dello scatto parte la prima tendina e subito dopo l’ altra; per tempi molto brevi si crea una finestra che espone la pellicola a settori. I tempi che si raggiungono con questo tipo di otturatori è elevato, nell’ ordine di un 1/8000 di sec. Per contro hanno un tempo di sincronizzazione basso (rispetto all’otturatore centrale ): max 1/125 di sec.

L’ otturatore a scorrimento verticale “a lamelle” al posto delle tendine ha appunto delle lamelle che si aprono e si chiudono in senso verticale , con questo sistema il tempo di sincronizzazione flash sale fino ad 1/250 di sec.

Questo tempo di otturazione durante il quale la finestrella di esposizione rimane completamente scoperta è il tempo minimo di sincronizzazione. Attenzione: abbiamo detto “tempo minimo”: contrariamente a quello che credono spesso i principianti, questo non è l’unico tempo di otturazione sincronizzabile con il flash: ovviamente possono essere usati anche tutti i tempi più lenti. E proprio qui stanno le possibilità di utilizzo del flash in luce diurna.

Premesso questo, analizziamo passo dopo passo le procedure da utilizzare quando ci si trovi di fronte a un soggetto in ombra contro uno sfondo illuminato.
Step one, come si dice su Internet: misurare l’esposizione per lo sfondo, o meglio, verificare quale diaframma viene consigliato dall’esposimetro mantenendo come tempo fisso il tempo di sincronizzazione. Esempio: il tempo di sincronizzazione della mia fotocamera è pari a 1/125 di secondo.
Punto l’esposimetro sullo sfondo per vedere quale diaframma devo usare con questo tempo. Immaginiamo che l’esposimetro mi suggerisca un diaframma pari a f/11.
Controllo sulla tabella allegata al flash la distanza di illuminazione corrispondente a f/11. Se ad esempio il flash è caratterizzato da un numero-guida pari a 45, la distanza massima di illuminazione corrispondente a f/11 è di quattro metri.

 

 

INCISO: cos’è il numero guida (NG)?

da http://www.nikonland.eu
Per gestire al meglio i due principali parametri (diaframma e distanza), ogni flash dichiara il proprio Numero Guida, che non è altro che un coefficiente espressivo della potenza di QUEL flash, con QUELL’INDICE ISO, con QUELLA LUNGHEZZA FOCALE di obiettivo (cioè l’NG varia in funzione di ISO e dell’obiettivo in uso) e serve a stabilire a che distanza porre il soggetto da fotografare e che diaframma utilizzare a quella distanza, USANDO IL FLASH A TUTTA POTENZA (quindi soltanto quando si regoli su M -manuale- e non tenendo conto della cellula di regolazione potenza del flash)…
come?
dividendo NG con diaframma troveremo la distanza (fissa) a cui porre il soggetto da fotografare (esempio: NG 40 diviso f/4 … il soggetto dovrà essere posto a 10 metri, non di più, non di meno).
Dividendo NG con distanza del soggetto, troveremo invece il diaframma da impostare sull’obiettivo (esempio: NG 40 diviso soggetto a 5 metri, uguale… diaframma f/8 da impostare sull’obiettivo, tassativamente).
Tutte le volte che questo calcolo dia valori diversi da quelli usuali di diaframma, si useranno i diaframmi intermedi a terzi o mezzi di stop, oppure… ci si sposterà in maniera proporzionata al diaframma da voler usare.

Come si vede, a differenza della ripresa a luce ambiente, non vengono presi in considerazione (o, meglio, vengono presi in diversa considerazione) i tempi di posa:
in realtà, la maggior parte degli utilizzatori dei flash incorporati alle compatte e reflex, analogiche e digitali, usa i propri lampeggiatori col cosiddetto “massimo tempo di sincronizzazione lampo”, o sincroflash, vale a dire il tempo di otturazione più veloce disponibile su QUELLA fotocamera, che consenta un corretto inserimento del lampo quando entrambe le tendine dell’otturatore siano completamente aperte; (ultimamente le case più importanti hanno escogitato i più disparati sistemi per rendere i flash sincronizzabili con la maggior parte dei tempi veloci delle reflex).
Questo è un argomento che però tratteremo oltre:
ora basti dire che l’utilizzo di tempi più veloci del sincroflash, o viene reso impossibile oppure, se impostato, produce una porzione soltanto di inquadratura, tanto più piccola quanto più veloce sarà stato il tempo impostato;
l’uso dei tempi più lenti del sincroflash, al contrario tutti utilizzabili, produrrà un’influenza della luce ambiente (qualunque essa sia, naturale o artificiale) tanto maggiore quanto più lungo sarà il tempo utilizzato.

un esempio di tabella NG per il flash Nikon SB800, al variare della focale e degli ISO
/////////// ISO 100 ////200 //////400 //////800
focale
24mm NG 30 NG 42 NG 60 NG 85
28mm NG 32 NG 45 NG 63 NG 90
35mm NG 38 NG 53 NG 76 NG 110
50mm NG 45 NG 64 NG 90 NG 130
85mm NG 53 NG 74 NG 106 NG 149
105mm NG 56 NG 78 NG 112 NG 157

 

 

 

 

Ritorniamo al nostro problema con numero-guida pari a 45, per cui la distanza massima di illuminazione corrispondente a f/11 è di quattro metri.

A questo punto si hanno tre casi:
a) Il soggetto è a una distanza pari a quattro metri? In questo caso si può scattare senza problemi, certi che tanto lo sfondo quanto il soggetto riceveranno la stessa quantità di luce;
b) Il soggetto è a una distanza superiore ai quattro metri? In questo caso bisognerebbe aprire il diaframma, portandolo per esempio a f/8. Ma così facendo lo sfondo risulterebbe sovraesposto di uno stop. Con una macchina a otturatore centrale non ci sarebbero problemi: si porterebbe il tempo a 1/250 e si scatterebbe la foto. Con l’otturatore a tendina questo non si può fare: quando il tempo di sincronizzazione è di 1/125 di secondo, impostare 1/250 significherebbe oscurare parzialmente il fotogramma. L’unica soluzione consiste quindi nell’avvicinare il flash al soggetto (il che non vuol dire necessariamente avvicinare la fotocamera);
c) Il soggetto è a una distanza inferiore ai quattro metri? Se si fotografasse in questa situazione il soggetto risulterebbe troppo illuminato. Perciò occorrerà impostare un diaframma più chiuso, ad esempio f/16. Per evitare che lo sfondo risulti sottoesposto di uno stop sarà sufficiente raddoppiare il tempo di otturazione, portandolo a 1/60. Si tratta di un tempo più lento di quello di sincronizzazione e pertanto sarà perfettamente utilizzabile con la luce lampo.

Tutto questo va fatto qualora si vogliano mantenere inalterati i valori tonali dello sfondo illuminando correttamente il soggetto. Ovviamente si possono effettuare scelte diverse. Nell’ultimo caso che abbiamo preso in considerazione (lettera c), possiamo anche scegliere di sottoesporre lo sfondo di uno o più diaframmi. Questo può rivelarsi vantaggioso quando ad esempio lo sfondo rischia di disturbare la corretta lettura del soggetto, vuoi perché troppo confuso o denso di informazioni non utili alla composizione, vuoi perché inadeguato dal punto di vista cromatico e tonale.

Da quanto detto fin qui risulta evidente che quanto più il flash è potente tanto più facilmente si possono gestire le diverse situazioni sopra descritte. Un flash debole non serve a molto, a meno che il soggetto non sia davvero vicino.

Nella fotografia ravvicinata o nella vera e propria macrofotografia il bilanciamento tra i valori tonali dello sfondo e quelli del soggetto si ottiene ricorrendo a più fonti di luce. Un solo flash rivolto sul soggetto, oltre a creare ombre troppo nette nelle zone non direttamente illuminate, rischia di generare quegli sfondi “notturni” che non sempre risultano appropriati. Quando sono in gioco i forti rapporti di riproduzione propri della macro e i diaframmi chiusi necessari a garantire un’accettabile profondità di campo, lo sfondo di fatto non riceve luce, anche se illuminato dal sole. Risulta pertanto necessario aumentare il numero dei lampeggiatori, anche se questo si traduce in una minore maneggevolezza del sistema di ripresa. Tre lampeggiatori sono una buona scelta: i primi due, laterali e opposti l’uno all’altro, forniranno rispettivamente la luce principale e la luce di schiarita; il terzo, sistemato direttamente sulla slitta a contatto caldo e dotato di diffusore grandangolare allo scopo di ammorbidire l’emissione luminosa, avrà la funzione di amalgamare ulteriormente l’insieme e di schiarire lo sfondo. Un eventuale quarto flash, tenuto in mano da un assistente, fornirà la luce d’accento, cioè il controluce capace di dare al soggetto il giusto rilievo tridimensionale.

Si può poi verificare la necessità di compensare, schiarendolo leggermente, un soggetto già correttamente illuminato ma più contrastato di quanto sarebbe necessario. E’ il caso delle fotografie sotto il sole, nelle quali il flash ha lo scopo non tanto di adeguare l’illuminazione del soggetto a quella dello sfondo, quanto di eliminare le ombre dal viso. In questo caso, un fill-in a tutta potenza rischierebbe di appiattire eccessivamente il soggetto, apparendo oltretutto innaturale. L’utilizzo del flash a potenza ridotta (o con un diaframma più chiuso di quello che sarebbe richiesto dal rapporto numero-guida/distanza) consentirà l’ammorbidimento delle ombre pur senza eliminarle del tutto.

Il caso, prima citato, del sole al tramonto alle spalle del soggetto merita particolare attenzione. Se ci si limitasse ad illuminare il primo piano secondo la procedura sopra illustrata si otterrebbe un’immagine cromaticamente scompensata: la luce diurna del lampeggiatore che illumina il soggetto contrasterebbe sgradevolmente con i toni più “caldi” del tramonto: nel contrasto, il soggetto apparirebbe illuminato da una luce bluastra e sgradevole. Per ovviare a questo inconveniente sarebbe opportuno schermare la parabola del flash con un filtro leggermente ambrato. In questo modo anche il soggetto apparirà illuminato dalla luce del tramonto, come se fosse stato utilizzato un pannello riflettente e non il flash. Per motivi di “credibilità” fotografica (oltre che per evitare un’illuminazione piatta e priva di interesse) sarebbe poi opportuno disporre il flash a lato della fotocamera, in modo da ottenere un’illuminazione più o meno angolata. In questo caso può rivelarsi utile un secondo flash (o una superficie riflettente) posizionato sul lato opposto.

E quando proprio non c’è luce? Insomma, quando si verifica l’unica condizione che spinge il dilettante a usare il flash? Ebbene, quando la luce è scarsa il flash serve a poco!
Sorpresi? Esaminiamo due casi.

L’ambiente è buio ma il soggetto è sufficientemente vicino da poter essere illuminato dal flash.
In questo caso, siamo davvero sicuri di volerlo fare? Se l’ambiente è in penombra, siamo sicuri di volerlo investire con una luce di tipo solare? Pensiamo all’interno di una stanza, di un rifugio, di una tenda. Pensiamo al senso di intimità che solo la luce disponibile è in grado di suggerire. Pensiamo alla luce cruda e piatta del flash, agli occhi rossi, agli sguardi spiritati, agli oggetti della stanza impietosamente illuminati come se improvvisamente un gigante dispettoso avesse scoperchiato il tetto. E chiediamoci: l’immagine che voglio comporre ha davvero bisogno di tutta quella luce?

* Se la risposta è affermativa, ricordiamo che il flash dovrebbe essere puntato sul soffitto, o su una parete, o su un tendaggio, allo scopo di fornire una luce più diffusa e meno tagliente. Utili anche i pannelli riflettenti o i “palloncini” che simulano un’illuminazione da soft-box.
* Se la risposta è negativa, utilizziamo la luce disponibile, fissando la macchina al cavalletto.

L’ambiente è buio e il soggetto è troppo lontano per essere raggiunto dalla luce del flash.
Sembra una banalità, ma molti principianti non si rendono conto che il flash ha una portata limitata e che più di tanto non può fare. Usare il flash di sera per fotografare una piazza vuol dire ottenere un primo piano ben illuminato (magari la schiena di un passante) e uno sfondo illeggibile. L’unica soluzione è l’uso del cavalletto, unito a una pellicola di sensibilità medio-alta.

Michele Vacchiano © 7/2001

 

 

 

 

 

Il flash fa brillare i colori, consente i diaframmi chiusi indispensabili alla profondità di campo, e con la sua brevissima emissione luminosa permette di “congelare” anche il battito delle ali di un sirfide.

Ma come, dirà qualcuno, il flash serve quando c’è poca luce, non quando c’è il sole. E qui sta l’errore di fondo. Perché quando c’è poca luce il flash serve a poco: quello che serve davvero, il più delle volte, è il cavalletto. Quando invece la luce è tanta, ma proviene dalla direzione sbagliata, allora serve una fonte di luce “nostra”, direzionabile e dosabile a piacere. Il fatto che molti dilettanti non la usino è solo perché non ne hanno ancora scoperto le infinite potenzialità creative.

FILL-IN

Per riuscire a digerire il principio del fill-in diurno dobbiamo prima di tutto disinserire gli automatismi e lavorare in manuale (lo so, a questo punto qualcuno verrà colto dal panico, ma poi passa), partendo dal presupposto che si sta utilizzando un flash manuale (tipo il buon vecchio Metz 45 CT-1). Questo è il primo passo ed è indispensabile, altrimenti diventa difficile capire davvero che cosa succede. Poi potremo far lavorare il TTL, ma solo dopo avere interiorizzato e fatta nostra tutta la procedura.

Incominciamo col considerare l’eventualità più semplice: il cosiddetto fill-in diurno, cioè la corretta illuminazione di un soggetto in ombra contro uno sfondo illuminato.

Con una macchina dotata di otturatore centrale (una compatta regolabile manualmente, certi apparecchi di medio formato e le macchine di grande formato) non ci sono problemi: la sincronizzazione con la luce-lampo avviene su tutti i tempi di otturazione, per cui è sufficiente
1. Effettuare la messa a fuoco e verificare, sulla scala delle distanze, la distanza del soggetto;
2. Consultare la tabella del calcolo del numero-guida applicata sul flash e verificare con quale diaframma si ottiene una corretta illuminazione a quella distanza;
3. Effettuare la misurazione esposimetrica sullo sfondo, usando la priorità dei diaframmi e impostando il diaframma dato dal calcolo del numero-guida;
4. Impostare il tempo risultante;
5. Scattare.
A questo punto avrete un soggetto illuminato dal flash e uno sfondo correttamente esposto.

Esempio:
Il flash ha un numero-guida pari a 45.
1. Il soggetto è a quattro metri;
2. Consultando la tabella si vede che per illuminare un soggetto posto a 4 metri è necessario un diaframma 11;
3. Misuriamo l’esposizione per lo sfondo mantenendo fisso il diaframma. L’esposimetro suggerisce la coppia f/11 con 1/500 di secondo;
4. Impostiamo 1/500 di secondo e scattiamo.

Attenzione! Il numero-guida di ogni lampeggiatore portatile è dato, per convenzione, in riferimento a una pellicola da 100/21° ISO. Se si usa una pellicola di sensibilità diversa, le cose cambiano. La tabellina riportata sul flash consente un calcolo rapido e semplice anche in questo caso.

Se il soggetto non è in ombra e l’esigenza è solo quella di ammorbidire i contrasti (ritratto sulla spiaggia), seguite la stessa procedura ma impostando il flash a metà della sua potenza.

Se intendete ottenere effetti particolari (ad esempio uno sfondo più scuro allo scopo di eliminare elementi di disturbo), non vi resta che ridurre il tempo di otturazione.

Tutto questo, ripeto, se usate un apparecchio dotato di otturatore centrale, sincronizzabile su tutti i tempi.

Con l’otturatore sul piano focale che equipaggia le reflex 35 mm le cose cambiano. Vediamo perché.

Nella sua forma più semplice, l’otturatore sul piano focale è costituito da due tendine (per questo si chiama anche otturatore a tendina) in tessuto gommato o in metallo, che scorrono appaiate davanti alla finestrella di esposizione (SI VEDANO LE FIGURE E LE SPIEGAZIONI DI TRE POST PRECEDENTI A QUESTO). Il tempo di otturazione è dato in pratica dalla larghezza della fessura esistente tra le due tendine. Nei tempi rapidi la finestrella di esposizione non è mai completamente scoperta, ma viene “scandita” dalla fessura determinata dalla posizione reciproca delle tendine. Se il flash scattasse in questa fase, illuminerebbe soltanto una “fetta” del fotogramma. A mano a mano che il tempo si fa più lungo la fessura tra le tendine si allarga, fino a che si arriva a un valore (diverso a seconda dei modelli) impostando il quale la fessura tra le tendine è larga quanto la finestrella di esposizione. In pratica, impostando quel tempo c’è un momento in cui la prima tendina è già arrivata a fine corsa ma la seconda non è ancora partita. Se il flash scatta in questo istante preciso, illumina correttamente e uniformemente tutta l’area del fotogramma. Questo tempo di otturazione (diverso, ripetiamo, da macchina a macchina) è il tempo di sincronizzazione per la luce-lampo, di solito evidenziato dal colore rosso sulla ghiera dei tempi (è anche il tempo che si imposta automaticamente ruotando il selettore sulla X).

Quello che il principiante non considera è il fatto che questo non è l’unico tempo di sincronizzazione, ma bensì il tempo minimo di sincronizzazione. Questo vuol dire che il flash può essere usato non solo con questo tempo, ma anche con tutti i tempi più lenti.

Come fare, allora, se si vuole illuminare con il flash il soggetto (o il primo piano) lasciando lo sfondo correttamente esposto? Vediamo il procedimento passo per passo.
1. Effettuare il calcolo dell’esposizione per lo sfondo, mantenendo come tempo il tempo di sincronizzazione: il diaframma verrà di conseguenza suggerito dall’esposimetro. Con le macchine a priorità dei diaframmi, cercate il diaframma impostando il quale la macchina suggerisce un tempo pari al tempo di sincronizzazione;
2. Controllando la tabella per il calcolo del numero-guida, verificare se il diaframma suggerito dall’esposimetro per lo sfondo è sufficiente per ottenere la corretta illuminazione del soggetto alla distanza data.

A questo punto si danno tre casi:

Primo caso. Il diaframma suggerito dall’esposimetro per lo sfondo è esattamente quello necessario ad illuminare il soggetto a quella data distanza: ringraziare la sorte e scattare.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 11;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri;
3. Non resta che scattare.

Secondo caso. Il diaframma suggerito dall’esposimetro per lo sfondo è più aperto di quello necessario ad illuminare il soggetto: così lo sfondo risulterà correttamente esposto ma il soggetto risulterà troppo illuminato.
Soluzioni:
1. Ridurre la potenza del flash;
2. Chiudere il diaframma al valore ricavato dalla tabella del numero-guida e incrementare proporzionalmente il tempo di otturazione, ricordando che il flash funziona non solo con il tempo di sincronizzazione proprio dell’apparecchio, ma anche con tutti i tempi più lenti.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 8;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri. Se mantenessimo f/8, il soggetto risulterebbe sovraesposto, per cui, in alternativa:
a) Dimezziamo la potenza del flash;
b) Impostiamo f/11 con 1/60 di secondo: coppia che equivale a f/8 con 1/125 ma che ci permette di illuminare correttamente il soggetto mantenendo invariata l’esposizione per lo sfondo.

Terzo caso. Il diaframma suggerito dall’esposimetro per lo sfondo è più chiuso di quello necessario ad illuminare il soggetto: così lo sfondo risulterà correttamente esposto ma il soggetto risulterà poco illuminato.
Soluzione: poiché non è possibile aprire il diaframma per impostare un tempo più rapido di quello di sincronizzazione, occorre avvicinare il flash al soggetto. Il che non vuol dire cambiare punto di ripresa, ma munirsi di un cavo e imparare che il flash può, ed anzi deve, lavorare a una certa distanza dalla macchina. Il che, oltretutto, aiuterà ad eliminare il fastidioso fenomeno degli occhi rossi derivante dal flash barbaramente montato sulla slitta a contatto caldo.
Esempio:
Il soggetto è sempre a quattro metri. Il numero-guida del flash è sempre 45. Il tempo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125 di secondo.
1. Tenendo fisso questo tempo, calcoliamo per lo sfondo un diaframma pari a 16;
2. La tabella del calcolo del numero-guida ci dice che f/11 è il diaframma corretto per illuminare un soggetto posto a 4 metri. Se impostassimo f/11 lo sfondo risulterebbe sovraesposto, e non potremmo in ogni caso ripristinare la reciprocità impostando 1/250 di secondo (dato che il tempo minimo di sincronizzazione della nostra macchina è pari a 1/125). D’altro canto, con il flash a 4 metri e un diaframma 16 il soggetto risulterebbe sottoesposto.
L’unica soluzione è accorciare la distanza flash-soggetto. Consultando la solita tabella vediamo che con f/16 si ha una corretta illuminazione a una distanza di tre metri. A questo punto sarà sufficiente un metro di cavo!

un inevitabile corollario di quanto detto fin qui consiste nell’ovvia constatazione che quanto più il flash è potente tanto meglio è. Un flash potente si può ridurre o schermare; si possono impostare tempi lenti per chiudere il diaframma quanto basta… insomma, si ha a disposizione uno strumento versatile. Al contrario, non si può aggiungere potenza là dove non ce n’è, e se la luce è poca non c’è santo che tenga.

Perciò io preferisco un buon flash manuale di elevata potenza, magari acquistato per poco più di cento Euro sul mercato dell’usato, a un lampeggiatorino magari TTL, con tanto di prelavaggio e macchinetta del caffè incorporata, ma che non è in grado di illuminare a più di cinque metri senza farsi venire l’asma!

Michele Vacchiano © 2/2003

 

 

 

 

Applichiamo quel che abbiamo visto:

Scatto con flash montato sulla macchina, lettura con esposimetro sul soggetto: f/5.6 a 1/250 -tempo minimo di sincronizzazione della nostra macchina, una Nikon D2H-. Il soggetto è a 10m, utilizzo un 80mm ed un flash Nikon SB800, NG a 100 ISO per 85mm pari a NG=53. Leggo con l’esposimetro lo sfondo: ci sono 5 stop di differenza rispetto al soggetto (dovrei utilizzare 1/250 a f/1). Il NG, come detto è pari a 53: 53/1=53m, distanza a cui dovrebbe trovarsi il soggetto per essere correttamente illuminato, mentre invece è a 10m. Il soggetto sarebbe eccessivamente illuminato, praticamente “sparato” come se si dovesse trovare ad una distanza più di 5 volte maggiore. Allora chiudo il diaframma di cinque stop rispetto a f/1: f/5.6 ed uso un tempo di scatto cinque volte maggiore di 1/250: 1/8. Si tratta di un tempo più lento di quello di sincronizzazione e pertanto sarà perfettamente utilizzabile con la luce lampo.

Per inciso, lo stesso risultato si avrebbe avuto utilizzando la funzione automatica del flash “slow-sync”, però -ripetiamo- scegliere noi la coppia tempo/diaframmi ci permette, magari non in questo caso, di essere più creativi, di essere noi a dire alla macchina ed al flash cosa devono fare e di non essere comandati da loro; comunque è sempre meglio in ogni caso sapere quel che si sta facendo… A tal proposito, sarà inutile dirlo, ovviamente usando lo “slow-sync” dovrete usare quasi sempre il cavalletto: se vi siete calcolati il tempo di scatto e vedete che è 1/8s, non vi chiederete neppure il perchè…. :rolleyes:

 

 

 

Ora analizziamo l’utilizzo del flash a seconda del nostro soggetto e del nostro genere fotografico:

MACRO

Qui le cose cambiano alquanto, perché per fotografare fiori e insetti sul campo bisogna essere mobili, veloci e versatili. E soprattutto bisogna usare il flash senza far vedere che è stato usato il flash. Mica facile.

Ma perché in macro è necessario il flash? Semplicemente perché al rapporto di 1:2 si perde già uno stop di luminosità, mentre al rapporto di 1:1 si perdono due stop. Se a questo si aggiungono i diaframmi chiusi necessari a compensare la profondità di campo e, per contro, la necessità di tempi rapidi per congelare il mosso, ecco che la luce-lampo diventa l’unica soluzione, a meno che non si riprendano oggetti statici in studio con la macchina sul cavalletto.

Quando vado in giro per i prati d’alta quota alla ricerca di insetti svolazzanti e fiorellini delle Alpi (anche i fiori si muovono senza sosta, dato che in montagna c’è sempre il vento), io lavoro con tre (ebbene sì, tre) lampeggiatori: due, di potenza ridotta, montati su staffine metalliche ai lati della fotocamera ed uno sulla slitta a contatto caldo, dotato di pannello diffusore. I lampeggiatori laterali forniscono, rispettivamente, la luce principale e la luce secondaria; quello centrale armonizza i contrasti e provvede ad illuminare lo sfondo (che è bene sia sfocato ma non nero, a meno che non si riprendano insetti notturni). Quando posso contare sulla presenza di un assistente, un quarto flash tenuto a mano libera fornisce la luce d’accento (controluce), utile a far brillare i peli che contornano le foglie o le ali delle farfalle. I lampeggiatori sono tutti collegati a fotocellule, per evitare uno scomodo groviglio di fili. Ottengo in questo modo immagini ottimamente contrastate, caratterizzate da colori brillanti e con i giusti effetti di luce.

Vediamo un esempio: la prima foto è eseguita con il flash montato sulla macchina (obiettivo macro 105 mm, distanza ca. 1m, f/25)

, per la secondavengono utilizzati due flash come da schema successivo, uno principale laterale con cavo, uno in remoto posizionato dietro, leggermente in alto (105mm macro, distanza ca. 1m, f/32)

Ovviamente gli stessi ragionamenti valgono per lo STILL-LIFE in studio di piccoli oggetti:

un buon risultato si ottiene posizionando due unità flash, una (numero 1) principale collegata via cavo laterale, puntata verso un pannello diffusore, una seconda (numero 2) posizionata sulla sinistra del soggetto più in alto; in questo caso l’unità 1 fornisce l’illuminazione di riempimento, mentre la cosiddetta illuminazione diretta è fornita dall’unità 2 (su illuminazione diretta e di riempimento approfondiremo nella discussione sull’illuminazione in studio)

Qui si vede, a partire dall’alto, la stessa foto con solo un flash montato sulla macchina, con solo un flash puntato direttamente sul soggetto da un lato (sarebbe usare solo l’unità 1, ma girata verso il soggetto), con solo un flash puntato su un pannello diffusore da un lato (solo unità 1, girata verso il pannello per diffondere la luce). Nella foto più in basso sono infine usate tre unità flash: una laterale verso il pannello, una dietro, una in alto. Obiettivo 105mm macro, distanza ca 1.5m, f/22.

Altro esempio

la foto in alto con il flash montato sulla macchina, quella in basso con lo stesso schema precedente, ma con un filtro colorato sul flash

Stesso schema, ma con l’unità 2 tenuta al di sopra del soggetto:

Obiettivo 105mm macro, distanza ca 1.5m, f/22.

 

 

 

 

RITRATTO

Anche il ritratto è un genere fotografico che può giovarsi della presenza di più lampeggiatori. La classica triade (luce principale, luce secondaria, luce d’accento) ha molte varianti e il flash è un accessorio estremamente versatile. Se puntato contro un soffitto (rigorosamente bianco, per evitare dominanti cromatiche) fornisce un’illuminazione dall’alto, morbida e uniforme come quella di un bank; lo stesso se puntato contro una parete per illuminare il soggetto lateralmente. Se il fotografo dà le spalle a un muro bianco, può addirittura rivolgere all’indietro la parabola, in modo che il soggetto sia investito sì frontalmente, ma da una luce morbida e diffusa. I “palloncini” che si montano sulla parabola del lampeggiatore per ammorbidire la luce servono allo stesso scopo.

 

ANIMALI

Avere un flash così potente da illuminare un animale selvatico a venti o trenta metri di distanza, consentendo al contempo un diaframma ragionevolmente chiuso, è il sogno di tutti i fotografi naturalisti. Si tratta in effetti di un sogno reso realizzabile da certi accessori “tele” che si montano sulla parabola e che – grazie a una lente di Fresnel – concentrano il raggio luminoso. A parità di luce emessa l’area illuminata è più ristretta e pertanto l’energia luminosa arriva più lontano. Alcuni lampeggiatori hanno un meccanismo simile incorporato, anche se non risultano altrettanto efficaci.

Michele Vacchiano © 2/2003

 

 

 

 

 

Ora che abbiamo capito il funzionamento in manuale del nostro flash, E SOLO ORA (chi ha ancora dubbi non prosegua, torni indietro a rileggere o chieda chiarimenti…. image), se possediamo un flash ‘evoluto’ vediamo cosa sono il funzionamento ‘AUTO’ e ‘TTL’.
OLTRE IL FLASH MANUALE: L’AUTO-FLASH

Nel flash automatico la durata dell’emissione luminosa è variabile (sempre nell’ordine di millesimi di secondo). Una cellula posta sul corpo anteriore del flash, il più vicino possibile alla parabola, legge la luce riflessa dal soggetto e “ordina” al flash di interrompere l’emissione luminosa quando questa è sufficiente. Esattamente come avviene per gli esposimetri, “esposizione sufficiente” significa una media di valori tonali pari al grigio-medio al 18% (zona V della scala zonale).

Il flash automatico lavora “in automatico” a determinati diaframmi di lavoro, di solito tre o quattro. Il vantaggio sta nel fatto che la cellula, sempre rivolta verso il soggetto, legge la luce riflessa indipendentemente dall’orientamento della parabola, che può anche essere rivolta verso il soffitto o un’altra superficie riflettente.

Limiti del flash automatico? Essenzialmente due. Il primo è che alle brevi distanze di ripresa e con soggetti piccoli la cellula rischia di “puntare” su un’area diversa dal soggetto (di solito sullo sfondo); il secondo è che la cellula – posta sul flash – non può tenere conto dei fattori che riducono la quantità di luce che giunge alla pellicola, quali filtri colorati, filtri polarizzatori, filtri di densità neutra, oltre all’incremento del rapporto di riproduzione quando si lavora da vicino.

 

OLTRE IL FLASH MANUALE: IL TTL

Il flash TTL lavora in stretta collaborazione con la fotocamera cui è dedicato. Una cellula esposimetrica presente nel corpo dell’apparecchio e rivolta verso il piano focale misura la luce che effettivamente giunge alla pellicola, tenendo conto sia dell’eventuale presenza di filtri sia dell’incremento del fattore di posa dovuto all’aumento del rapporto di riproduzione. Quando la luce è sufficiente (e cioè quando l’insieme dei valori tonali ha raggiunto il grigio medio) la cellula “ordina” al flash di interrompere l’emissione luminosa.

Abbiamo fatto anche prima, parlando del flash automatico, la precisazione relativa al raggiungimento del grigio medio. Perché tanta pignoleria? semplicemente perché il grado di riflettenza del soggetto (ma anche dello sfondo) riveste un’importanza fondamentale. Se ad esempio il soggetto fosse molto scuro, la cellula “vedrebbe” poca luce e ordinerebbe al flash di prolungare l’emissione luminosa. Conseguenza: un soggetto sovraesposto. Per contro, se il soggetto, di piccole dimensioni, si stagliasse contro un muro bianco o uno sfondo molto luminoso (il cielo ad esempio) la cellula potrebbe venire ingannata dall’eccesso di luminosità e ridurre l’emissione luminosa, generando un’immagine caratterizzata da uno sfondo correttamente esposto ma da un soggetto scuro. In casi simili risulta più sicuro affidarsi alla procedura manuale descritta all’inizio.

Qual è il limite del flash TTL? Ovviamente la sua potenza. Si può usare anche in pieno sole e a tutta apertura, e lui fornirà un lampo debolissimo o non si accenderà affatto, ma se gli chiediamo una prestazione eccessiva (soggetto a 20 metri con f/32), lui rischia di non farcela. Tutto dipende dal suo NG.

Un flash usato in automatico o in TTL può essere liberamente associato ad altre fonti di luce (purché caratterizzate dalla stessa temperatura cromatica): il sole, una finestra, un soffitto bianco che riflette la luce diurna, il cielo coperto. Gli effetti ottenibili sono limitati solo dalla fantasia del fotografo.

Se lo si associa a fonti di luce artificiale (cioè con diversa temperatura cromatica, come le alogene da studio) si possono ottenere contrasti cromatici interessanti, a dispetto di chi proclama, come fosse una legge inderogabile, che le fonti di luce non vanno mai mischiate. Ma come al solito la creatività va al di là delle regole.

Michele Vacchiano © 2/2003

 

 

 

 

 

Le immagini che seguono, come parte delle precedenti, sono tratte dal manuale d’uso dei flash Nikon.
Uno dei problemi che il dilettante si trova a fronteggiare -e che inizialmente lo scoraggiano- quando usa il flash incorporato alla macchina o anche un flash esterno, sono le ombre proiettate dietro il soggetto,

cui si impara immediatamente ad ovviare puntando il flash verso il soffitto o altra superficie riflettente

Se ancora non si è soddisfatti per la presenza residua di ombre o perchè il soggetto risulta troppo brillante

conviene utilizzare il diffusore solitamente fornito da montare sulla parabola del flash

 

 

 

 

Infine, come assaggio della prossima guida sull’utilizzo dell’illuminazione in studio, vediamo come utilizzare più unità flash collegate alla macchina via cavo o wireless, e quali possibilità offre il dominio dell’illuminazione, rispetto all’utilizzo di un solo flash.

Flash montato sul “contatto caldo” della macchina; soggetto correttamente illuminato, sfondo scuro. Aggiungiamo un’unità flash posta dietro il divano un pò sulla nostra destra e puntata verso il soffitto, per illuminare lo sfondo:

Esageriamo con la creatività: poniamo una terza unità flash comandata in remoto dentro il caminetto e utilizziamo un filtro in gelatina rosso sul flash per dare l’impressione del fuoco acceso

 

 

 

Altro esempio di utilizzo di più unità flash, per allestire un’illuminazione “da studio”.

Flash collegato via cavo (o wireless), tenuto a lato sulla propria sinistra; luce un pò dura sul soggetto ed ombra sgradevole: proviamo a mettere un’altra unità flash simmetricamente sul nostro lato destro, per ammorbidire l’illuminazione che colpisce il soggetto ed eliminare l’ombra, che però continua ad esserci

Completiamo allora il set di illuminazione con una terza unità flash, posta a terra dietro i piedi del soggetto e puntata verso il muro di sfondo:

 

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