La luce è per il fotografo quello che lo scalpello è per lo scultore, il pennello per il pittore: saperlo tenere in mano e saperlo cambiare quando è neceessario sono doti indispensabili.
A volte ci si pone in modo passivo rispetto all’illuminazione: se è buona allora scattiamo; abbiamo già visto come rendere ‘buona’ l’illuminazione utilizzando il flash, ora vediamo come utilizzare al meglio la luce in generale, con un occhio particolare per l’illuminazione in studio.
TUTTE LE IMMAGINI IN QUESTA DISCUSSIONE SONO TRATTE DAL LIBRO ‘Tecnica della Luce Fotografica’ di Don Marr, editrice Reflex, cui rimandiamo per la sua completezza, per approfondire quanto qui sommariamente trattato.
Come tutte le altre discussioni di questo forum, anche questa nasce da qualcosa già reperibile per essere arricchita e diventare unica grazie ai vostri interventi, volendone fare una risorsa disponibile per tutti.
Poniamo sia superfluo e noioso cominciare parlando di luce dura, luce morbida
e spiegare lo schema successivo
limitandoci a ricordare che in entrambi i casi schematizzati si può rendere la luce più morbida avvicinando la fonte al soggetto o più dura allontanandolo (ricordate il caso del sole, che pur essendo una fonte di luce moooolto grande, essendo distante diventa una fonte puntiforme e quindi produce luce dura; lo stesso sole schermato dalle nuvole diventa una fonte di luce più grande ed in una giornata nuvolosa avremo luce morbida, adatta per ritratti),
e passiamo oltre…..
Prima di addentrarci nella luce,
non dimentichiamo qual’è lo strumento essenziale che ci dovrà aiutare e che noi dobbiamo padroneggiare: l’ESPOSIMETRO, che sia quello interno alla macchina o, molto meglio, un esposimetro esterno; per chi non ne fosse ancora ben padrone, rimandiamo ad un ripasso della guida MISURARE LA LUCE,
aggiungendo qui che la ‘corretta esposizione’ deve essere quella che secondo il nostro gusto (o quello del cliente) rende meglio l’effetto che vogliamo dare alla nostra foto, quindi non necessariamente quella con la gamma tonale più varia, ma magari una fotografia sovraesposta di quattro stop o sottoesposta di tre stop, purchè catturi le sensazioni che vogliamo esprimere in quella foto.
Vediamo un esempio:
lettura ‘corretta’ per il nostro esposimetro, 1/125 a f/5.6
sottoesposizione di 2 stop e 1/2, 1/125 a f/11.5
sovraesposizione di 2 stop, 1/125 f/2.8
Notate che se già esiste un’area nera nella foto, sottoesporre non rende ovviamente il nero più nero, ma serve a rendere i toni medi e le alte luci più scuri, con colori più ricchi; parimenti, sovraesponendo, le alte luci non diventano più chiare, erano già bianche, ma si rendono i toni medi e scuri più chiari, con colori più pastello.
Allo stesso modo possiamo decidere di sovraesporre un volto perchè si vedano solo il colore degli occhi e dei capelli, lasciando il resto del viso completamente bianco, oppure possiamo sottoesporre tanto da rendere visibili solo le alte luci, come il riflesso del flash negli occhi.
Gli strumenti base per un’illuminazione da studio non sono molti e sono alla portata anche delle tasche del principiante. In seguito si potrà pensare a bandiere taglialuce, gelatine colorate, concentratori e sbizzarirsi compatibilmnte con il proprio portafoglio. Esistono stativi e lampade economici in rete, ovviamente quelli di qualità professionale sono più robusti e maneggevoli a prezzi maggiori, destinati per anni ad essere allungati, accorciati, ripiegati, dispiegati e maltrattati: comprate il meglio che vi potete permettere.
I modificatori della luce essenziali sono (da sinistra):
– la parabola, che serve a mandare in avanti il fascio luminoso
– il softbox, che funziona da diffusore di luce
– l’ombrello, che ha la stessa funzione del softbox ma che ha un’area di espansione maggiore oltre al vantaggio di poter cambiare la luce da più morbida a più dura spostando semplicemente il flash più vicino all’ombrello
Altro accessorio basilare è il pannello riflettente
con superficie: bianca per riflettere una luce di colore neutro, traslucida per ammorbidire la luce, nera per assorbire la luce ed eliminare riflessi indesiderati, argentata per aumentare il contrasto ed il livello di illuminazione, dorata per aumentare il calore della luce e far risaltare la tonalità della pelle.
Stesso princiopio vale per il colore della superficie interna di softbox ed ombrelli.
Di tutti questi accessori esistono diverse misure e diverse potenze delle lampade; anche qui siete voi con le vostre esigenze a sapere cosa vi serve.
Per curiosità facciamo una ricerca su ebay per avere un’idea del costo per la scelta più economica possibile:
– kit due stativi, due flash 180W, due softbox 50x70cm, un ombrello 80cm. €210
– come sopra, ma 300W, softbox 70×100, ombrello e trasmettitore wireless alla macchina fotografica. €380
– kit 5 pannelli riflettenti 110cm. €30
Ed ora il caso più semplice per iniziare: USARE UNA SOLA LUCE
e regolare la dimensione della luce in relazione al soggetto (diffondendo o spostando la luce).
la modella è stata prima illuminata con una parabola su un flash posizionato in alto a sinistra (luce dura),
poi è stato girato il flash facendolo rimbalzare su un muro bianco (luce morbida)
infine il flash girato verso il muro è stato allontanato dal muro (luce più moprbida)
L’utilizzo di una sola luce è stato così spesso utilizzato, dalle riviste ai film, che si sono originate delle composizioni ‘classiche’.
Il primo caso è la luce Rembrandt: si pone un flash con softbox o con ombrello ad un angolo di 45° di lato al soggetto, poi si alza il flash tenendolo puntato sul soggetto fino ad un’altezza da formare un angolo di 45° in verticale. La luce sarà al posto giusto quando apparirà un triangolo di luce rivolto verso il basso sulla guancia più scura; questo piccolo bacio di luce sul lato in ombra aiuta a dare forma alla guancia.
Questa è invece la luce loop: rispetto a prima si pone la luce più in basso e la si avvicina alla fotocamera, a circa 30° di lato rispetto ad essa (più frontale rispetto al soggetto, quindi). Una maggior parte del viso e degli occhi saranno illuminati ma ci saranno ancora ombre sul lato scuro del viso per definirne la forma.
Altro schema classico è la luce corta: il soggetto è quasi di profilo rispetto alla fotocamera, facendo in modo che resti visibile l’occhiio più lontano alla fotocamera. Si posiziona un softbox alla destra e leggermente dietro al soggetto. La maggior parte della luce cade sul lato del viso nascosto alla fotocamera (per questo chiamato lato corto), regolando la posizione in modo che la luce arrivi a colpire la guancia e l’occhio del ‘lato lungo’, ma che l’orecchio resti in ombra. L’effetto è molto naturale e sembra luce proveniente da una finestra, ma nello stesso tempo crea drammaticità.
Quando si utilizza una sola fonte di luce, bisogna ricordare la LEGGE DELL’INVERSO DEL QUADRATO: allontanando la sorgente luminosa dal soggetto, la sua intensità diminuisce del quadrato del suo inverso; se allontano la sorgente raddoppiando (2 volte) la distanza, l’intensità della luce non solo si dimezza (1/2), ma diminuisce di 1/22, cioè diventa un quarto rispetto a prima, il che equivale ad una diminuzione nella luce di due stop.
Perchè è importante? Pensate di star fotografando un gruppo di persone su tre file; se posizionate l’illuminazine a un metro dalla prima fila, la terza fila sarà circa a due metri dalle luci, cioè al doppio della distanza: con l’esposimetro vedrete subito che l’ultima fila sarà più scura di due stop, inaccettabile. Se posizionate la luce a quattro metri dalla prima fila, allora la terza fila sarà distante cinque metri dalle luci e solo mezzo stop più scura, molto meglio.
In questa foto si nota bene (regola dell’inverso del quadrato) come la luce diminuisca rapidamente dalla spalla verso la mano, indicando una luce posizionata relativamente vicino alla testa del soggetto.
Per l’ UTILIZZO DI DUE O PIU’ LUCI, detto che la luce principale si occupa della maggior parte dell’illuminazione e che la luce di riempimento, meno forte della principale, ha la funzione di illuminare le ombre nelle aree non raggiunte dalla luce principale,
c’è poco da aggiungere a quanto avevamo già detto trattando dell’illuminazione flash nella relativa guida.
Per misurare il rapporto tra luce principale e luce di riempimento si utilizza l’esposimetro a luce incidente puntandolo, invece che verso la fotocamera, verso ciascuna luce individualmente, spegnendo le altre. Questo serve solo per vedere il cosiddetto rapporto di illuminazione di più luci (definito come la differenza in esposizione tra il lato delle alte luci e quello in ombra del soggetto, espresso in un rapporto, come 2:1 per indicare che il lato delle alte luci ha uno stop in più del lato in ombra) e non determina l’esposizione finale, che viene sempre rilevata puntando la cupola dell’esposimetro verso la fotocamera, o dall’area delle alte luci (per diapositive e digitale) o facendo una media tra ombre ed alte luci (per pellicole negative).
Foto in alto – La luce principale è posta dietro e a sinistra rispetto al broccolo. Dalla parte superiore del broccolo si punta la cupola dell’esposimetro verso la luce: f/11. Dalla parte in ombra del broccolo, più in basso rispetto a prima, puntiamo l’esposimetro verso la fotocamera: f/2 (rapporto di illuminazione 5:1). Fotografiamo in negativo, regoliamo il diaframma a f/4.
Foto a metà – E’ stata aggiunta una seconda luce di riempimento vicino alla fotocamera. L’area in ombra è a f/2.8 (RI 4:1). Scattiamo sempre con diaframma f/4.
Foto in basso – Abbiamo avvicinato al broccolo la luce di riempimento. Ora la zona d’ombra misura f/4 (RI 3:1). Scattiamo sempre a f/4.
Una composizione comune con due luci è quella detta illuminazione glamour o di beauty, un’illuminazione piatta frontale che minimizza le rughe sul viso del soggetto; si ottiene con due flash muniti di softbox o ombrello, uno su uno stativo direttamente sopra la fotocamera, l’altro sotto.
Generalmente la quantità di luce dell’ombrello più in alto viene regolata mezzo stop più intensa di quello in basso
PANNELLI RIFLETTENTI
Oltre quelli reperibili in commercio, visti più sopra, si può utilizzare una qualunque superficie riflettente (un pannello di polistirolo bianco, una lastra di cartone su cui si è applicata della carta stagnola, ecc.). Vi sono poi i pannelli riflettenti naturali, come la luce riflessa da un grattacielo al tramonto o una spiaggia di sabbia bianca a mezzogiorno (potreste mettere il soggetto sotto un ombrellone, lasciando che la sabbia agisca come un enorme pannello riflettente).
Lo scopo del pannello riflettente è quello di riempire le ombre, sia in studio sia in esterni. Ponendolo al lato opposto della sorgente luminosa si possono ammorbidire situazioni di illuminazione con forti contrasti.
Un flash è stato posizionato sopra al modello, un pannello argentato è stato posto in basso e davanti rispetto a lui.
Qui siamo in esterni; la luce solare illumina i capelli e si riflette sulla pavimentazione per illuminare il viso
SFONDO BIANCO E SFONDO NERO
Gli effetti dello sfondo che più colpiscono quando si guardano riviste di moda, di fotografia ecc. sono gli sfondi bianchi o gli sfondi neri, dove sembra che la modella stia per uscire dalla rivista.
Il più difficile da rendere è lo sfondo completamente bianco; serve un muro bianco liscio o un foglio intero di carta bianca (più è grande lo sfondo e meglio è, perchè il problema maggiore è la luce che rimbalza dallo sfondo e rischia di coprire il soggetto, quindi il soggetto deve essere allontanato il più possibile dallo sfondo) e l’illuminazione è costituita da due (meglio quattro) lampade sullo sfondo:
Quattro flash illuminano lo sfondo; il modello è illuminato da destra con un flash+parabola.
Per provare l’illuminazione, si inizia posizionando le lampade con parabole a 45° di inclinazione rispetto allo sfondo, poi con l’esposimetro si misura con una luce per volta in mezzo allo sfondo oer avere la stessa intensità da ambo i lati; infine si accendono tutte le luci e si misurano diverse aree dello sfondo per verificare che tutte le letture con l’esposimetro siano uguali, altrimenti si allontanano o avvicinano le luci. Fatto tutto questo, si deve verificare che il soggetto non sia investito da luce riflessa dallo sfondo ed il modo migliore per farlo è scattare solo con i flash dello sfondo, senza la luce proveniente dalla fotocamera (in questo caso è una luce di riempimento): idealmente, il soggetto dovrebbe apparire come una silhoutte contro mlo sfondo bianco:
Per la foto finale, occorre far sì (tramite la luce frontale che illumina il soggetto, che è meglio sia modificata da un ombrello o da un softbox) che la luce misurata sul soggetto sia uno stop meno intensa rispetto allo sfondo: se lo sfondo è f/16, allora regolo il flash su f/11, questo farà sì che lo sfondo venga reso come puro bianco.
Se lo sfondo venisse impostato più intenso di due o più stop rispetto alla luce frontale, inizierà ad abbagliare l’obiettivo ed il soggetto sembrerà più slavato, mentre se viceversa lo sfondo venisse regolato sulla stessa intensità del soggetto o più scuro della luce frontale, allora non risulterebbe bianco ma grigio.
Una soluzione intermedia tra il bianco ed il nero è ovviamente lo sfondo colorato,
che si ottiene facilmente a questo punto aggiungendo gelatine colorate sopra i flash che lo illuminano; bisognerà misurare la luce sullo sfondo colorato in modo che sia meno intensa rispetto alla luce frontale di mezzo stop: se la luce sul soggetto è f/8, allora regoliamo le luci sullo sfondo in modo che siano f/5,6+1/2, così avremo uno sfondo con un colore ricco e saturo.
Creare infine uno sfondo nero
non richiede tutto il lavoro che abbiamo visto sinora. Infatti basta avere una grande differenza tra l’esposizione del soggetto e l’esposizione dello sfondo (con cinque stop di differenza, anche uno sfondo leggermente colorato diventerà nero), ma per aiutarci la cosa migliore è utilizzare come sfondo del velluto nero (ricordiamo che più largo è lo sfondo, meglio è): poichè il velluto difficilmente riflette la luce, deve essere solo uno stop piùscuro del soggetto per diventare nero puro.
LUCE CONTINUA
Il grande vantaggio di usare luci continue è che si può vedere con i nostri occhi gli effetti della luce prima di scattare.
Ne esistono essenzialmente di tre tipi:
1. al tungsteno, versioni più potenti (da 100W a 24.000W) delle comuni lampadine da casa. Hanno lo svantaggio di scaldare molto e non sono certo apprezzate dai modelli in piena estate…
2. agli ioduri metallici (HMI); necessitano di un trasformatore ed impiegano un pò di tempo per riscaldarsi. Hanno lo svantaggio di un costo molto elevato. Il vantaggio è che diventano molto luminose e sono bilanciate come temperatura di colore con la luce del giorno.
3. fluorescenti; restano fredde e sono bilanciate o per la luce diurna o per il tungsteno. Lo svantaggio è che hanno un’intensità molto bassa.