(Articolo aggiornato al 2007)
Abbiamo deciso di passare anche noi allo sviluppo dei negativi in casa: non c’è bisogno di una camera oscura, non ci sono vaschette che esalano fetori poco salubri, il costo è conveniente rispetto a farli sviluppare in laboratorio (abbiamo comprato una “camera oscura portatile”, una specie di camicia in cui infilare le mani che crea il buio assoluto, una tank, 2 pinze per appendere i negativi ed un estrattore, per un totale di circa 50 €), con in più la soddisfazione di seguire con i propri occhi anche questa parte del processo fotografico.
Riguardo ai prodotti chimici per sviluppare i propri negativi in bn se ne sentono un pò di tutti i “colori” in giro; abbiamo radunato qui un pò di informazioni, creando una “banca dati” che aggiorneremo via via con l’esperienza e che, come solito, invitiamo anche voi ad arricchire.
In rete abbiamo trovato questi link di riferimento:
fondamentale per la tecnica: Nadir: la camera oscura per chi inizia e Forum Camera Oscura di photo4u; da quest’ultimo forum abbiamo estratto diverse informazioni utili che abbiamo riportato qui e là.
molto completo per i prodotti, ma interessante in generale per il bn: d.r. fotografia
per la scelta in base alla pellicola che si ha sotto mano: http://www.fotoinfo.com/
Per trovare i tempi di sviluppo in base a pellicola/rivelatore: http://www.digitaltruth.com/ http://web.tiscali.it/visualphoto/films/ http://www.contrasti.it/iaf/techdata/index.php?sh=&sn=#144 http://unblinkingeye.com/Articles/Times/times.html
Altri verranno citati se utilizzati per il seguito della discussione.
Questa discussione verrà suddivisa nei passaggi dello sviluppo della pellicola:
1. sviluppo
2. arresto
3. fissaggio
4. lavaggio
5. imbibente
Nasce e vivrà come discussione in costruzione: sarà aggiornata via via con la nostra/vostra esperienza per essere una risorsa disponibile a tutti gli interessati.
1. RIVELATORE (sviluppo)
Sostanzialmente bisogna operare due scelte a priori:
I) rivelatore in polvere o liquido? Quelli in polvere hanno una durata praticamente illimitata nel tempo, finchè non vengono diluiti (a proposito: conviene preparare sempre tutto il contenuto della busta, in quanto la polvere è una miscela di diversi prodotti, che potrebbero non essere uniformemente distribuiti portando a variazioni di concentrazione e conseguentemente risultati non ottimali), e costano meno; di contro, bisogna prestare attenzione all’acqua con cui si diluiscono, che se troppo calcarea o poco pura in generale, può creare problemi; altra caratteristica negativa è che nella preparazione si devono respirare vapori non proprio benefici per la salute. Quelli liquidi costano un pò di più, durano molto meno, ma fanno risparmiare in tempo e salute.
II) rivelatore specifico per una determinata pellicola o universale? La risposta è abbastanza ovvia: chi usa prevalentemente lo stesso tipo di pellicola, sceglierà il rivelatore che la casa madre ha elaborato appositamente, anche se quelli generali, se di buona marca, non hanno molto da invidiare, come vedremo.
In base alle caratteristiche, i rivelatori si possono suddividere in:
a. rivelatori a grana media-fine o universali sono abbastanza rapidi ed accurati. Sfruttano tutta la sensibilità della pellicola e possono essere impiegati per qualsiasi tipo e formato di film. Un esempio è il Kodak D-76
b.rivelatori ad azione rapida più veloci di quelli universali, impiegati dai laboratori fotografici dei giornali e delle agenzie di stampa. Forniscono in breve tempo negative con contrasto maggiore e grana alquanto grossa. Consigliati per lo sviluppo di pellicole molto morbide e per il trattamento delle negative molto sottoesposte. Un esempio è il Kodak D-19
c. rivelatori a grana fine vengono impiegati specialmente per le pellicole 35mm. Con questi rivelatori è necessario aumentare l’esposizione della pellicola di 1/2 diaframma, a seconda del tipo di rivelatore usato. Un esempio è il Kodak Microdol. Molti confondono questi “fine grain” con i finegranulanti, ma sono cose completamente diverse, non assimilabili e per scopi diversi. I finegranulanti svolgono una azione di solvente sull’argento riducendo gradualmente le dimensioni dei grani (e di conseguenza diminuendo la definizione e pelando le luci). I fine grain “spezzettano” i grani dando la sensazione di una grana più fine ed essendo (in genere) fortemente compensatori consentono di “tirare” le pellicole. Un esempio di finegranulante è l’Ilford Perceptol.
d. rivelatori a grana ultrafine producono una grana ancora più fine, richiedono però un aumento di esposizione da uno a due diaframmi. Esempi sono il Kodak D-25 e il Paterson Acutol S
e. rivelatori ad alto contrasto si utilizzano per lavori di riproduzione e per effetti grafici. Esempi sono il Kodak D-8 e il Kodak D-11
f. rivelatori tropicali consentono di sviluppare con temperature sino a 32°C. Di solito, a questa temperatura la gelatina della pellicola potrebbe staccarsi dal supporto. Comunque, con un pò di attenzione nel mantenere la temperatura al di sotto di tale valore, si può ottenere un ottimo sviluppo della pellicola. Questi rivelatori vanno però impiegati solo in casi estremi, in particolare quando l’uso del tipo universale non è possibile. Un esempio è il Kodak DK-15
Altro tipo di suddivisione si può fare in base al Campo di Luminanza del Soggetto (CLS) che si vuole ottenere:
I. rivelatori normali Corrispondono alla precedente categoria a., grana media-fine, questi rivelatori sono adatti a sviluppare pellicole su cui abbiamo impresso fotografie che abbiano una “normale” scala tonale, quella compresa cioè fra i cinque e i sei diaframmi fra le basse e le alte luci, quando cioè il Campo di Luminanza del Soggetto (CLS) vada a coprire l’intervallo di Latitudine di Posa (LdP) più comune nelle normali pellicole. I rappresentanti più famosi appartenenti a questa categoria sono senza dubbio il D76 Kodak/ ID11 Ilford/ S-38 Ornano sia concentrato che diluito nella proporzione 1+1 oltre al sempre verde Rodinal nella concentrazione sia 1+25 che in quella 1+50.
II. rivelatori compensatori Corrispondono alla precedente categoria c., grana fine e finegranulanti. I soggetti adatti a questi rivelatori sono quelli in cui la differenza del CLS è elevata, quelli cioè in cui la differenza tra alte e basse luci è molto lontana. In questi casi l’uso di pellicole con sensibilità medie e basse è quasi d’obbligo e per ottenere quindi anche in questo caso un’elevata scala tonale è consigliabile esporre per una sensibilità inferiore di un terzo o anche della metà del valore nominale, si ricorre allora a questa tipologia di rivelatori che “compensano” appunto la riduzione dell’indice di esposizione. Oltre a questi pregi però vi è anche il rovescio della medaglia, i compensatori sono anche finegranulanti, riescono cioè a far apparire ancor meno, attraverso un processo chimico, la grana di pellicole, sembrerebbe una gran bella cosa, ma per far questo si ottiene un abbassamento generale del contrasto e una minor definizione. Appartengono a questa categoria rivelatori famosissimi come il D23 Kodak, il T-Max Kodak, l’Ilford Perceptol alla diluizione 1+1 o 1+3 o il Fino S 31 Ornano
III. rivelatori energici hanno un impatto particolare sull’emulsione e sono indicati per pellicole ad alta sensibilità sottoposte al tiraggio. La conseguenza nell’uso di questi rivelatori è
una evidente compressione della scala tonale (aumento del contrasto) e un evidente aumento della grana. Sono usati soprattutto per recuperare pellicole esposte intenzionalmente o meno per sensibilità superiori a quelle nominali o per fini creativi. Il più famoso tra questi rivelatori è senz’altro il Microphen, sia diluito che no, della Ilford.
IV. rivelatori ad alta acutanza servono ad avere il meglio dalle pellicole a bassa sensibilità e in cui i soggetti devono restituire i minimi dettagli anche con un evidente effetto bordo.
Appartengono a questa categoria il Nucleol bf e il Fino ST33 Ornano diluito 1+1, il Kodak D50 e il Neofin blu Tetenal.
A questo punto, la scelta dettata dal proprio gusto personale: chi sviluppa in proprio le pellicole deve decidere se appartenere (almeno per la durata di una confezione di rivelatore) al mondo dei “rodinal-isti” (grana più secca ed evidente, neri neri e bianchi bianchi, maggiori contrasto e nitidezza) o a quello dei “D-76-isti” (per basse sensibilità) / “microphen-isti” (per alte sensibilità) (grana più morbida ed elegante, meno secca e ruvida, ampie scale di grigi, gamma tonale più estesa e più delicata). Tutte le altre categorie e relativi rivelatori derivano da queste o ne sono intermedie, ma quelle due costituiscono il riferimento di partenza da cui cominciare.
Il parametro dello sfruttamento (quante volte si può riutilizzare il liquido) è espresso in dmq/litro, ricordando che le superfici delle pellicole sono: 135/36 5,2; 135/24 3,5; 120 5,1.
AGFA
Rodinal Liquido concentrato da diluire. Monouso perchè fortemente alcalino, in virtù della soda caustica. Concentrato si può conservare molti anni, diluito dura pochissimo, anzi diluirlo poco prima di utilizzarlo. E’ uno dei rivelatori più anziani (dal 1891), più utilizzati, più economici. Rende fortemente il contrasto, controllabile entro certi limiti colle diluizioni maggiori. Grana secca, ma piacevole. Non è certo un rilevatore di grana fine, ma ha un’ottima nitidezza. Si diluisce da 1:10 a 1:100 (sopra 1:50 utilizzare però acqua presolfitata, con aggiunta di un paio di g/litro di solfito di sodio)), classicamente 1:25 (che dà risultati un pò più scialbi) e 1:50. Agitazione: continua nel primo minuto, poi ogni 30s. Dà il meglio di sè con Agfapan 100, Tri-X per grana secca, Panatomic-x ad alta diluizione. Sopra i 100 iso non è consigliabile, se non per ottenere una bella grana secca e definita con i 400 iso di Tri-X o anche di HP5. Per i tempi di sviluppo, D.R. Fotografia e tabella in fondo alla stessa pagina.
Rodinal Special Liquido concentrato da diluire, di proprietà simili al Rodinal base, con tempi di trattamento più brevi. Mantiene la grana a dimensioni più accettabili del Rodinal, anche se sono la maggioranza gli amanti del Rodinal base, che apprezzano la sua grana grossa e secca. Ha miglior effetto compensatore, il contrasto è un pò più mite del Rodinal, ma pur sempre vivace. Diluizione 1+15. Agitazione continua per il primo minuto, poi ogni 30s. Allo stato pronto all’uso ha uno sfruttamento fino a 50-75 dmq/litro (il tempo va aumentato di 30′ per ogni successivo sviluppo). Adatto anche a sensibilità un pò più alte del Rodinal. Per i tempi di sviluppo, D.R. Fotografia
Per migliorare l’acutanza e l’effetto compensatore senza incrementare il contrasto, molti tendono a diminuire il tempo di sviluppo rispetto a quanto indicato dal produttore (ad esempio la trix sviluppata per 4′ anzichè 6′ come indicato dal produttore), noi invece consigliamo di utilizzarlo più diluito, diluizione 1+20 anzichè 1+15, agitazione 10″ al minuto e tempi a 20°C: T-Max 3200 8′ 00” / T-Max 400 5′ / T-Max 100 6′ / TRI-X 400 6′ / TRI-X Prof 320 5′ 30″ / HP5 Plus 400 5′ / FP4 Plus 125 ” ” 4′ / Pan-F 50 3′ 30″ / Plus – X 125 5′.
Se invece volete stare alla diluizione classica 1+15, agit.azione continua 1° minuto poi 5″ ogni 30″, capacità di trattamento 10/12 pellicole x litro, se tra uno sviluppo e l’altro passa del tempo aumentare i tempi in questo modo: da 1 a 3 gg. + 5%, da 4 a 8 + 10%, da 1 a 2 sett. + 15%, oltre 2 sett. + 20%, durata della soluzione di lavoro max 3 mesi. I tempi seguenti sono riferiti alla temperatura di 20°: Agfa Apx 25 @25 – 4 min / Agfa Apx 100 @ 125 – 4 min / Agfa Apx 400 @ 400 – 4 min / Fuji 400 @ 320 4 min / Fuji 1600 @ 800 3 min 30 sec / Ilf PanF @ 64 3 min 30 sec / Ilf HP5 @ 320 4 min / Tmax 100 @50 5 min / Tmax 400 @250 5 min / Tmax 3200 @ 3200 6 min / Plus X @ 125 5 min / TriX @ 320 6 min
KODAK
D-76 In polvere. E’ il classico “universale” “normale” (non troppo energico, non troppo compensatore, a grana fine ma non eccessivamente solvente. E’ lo stesso prodotto che la Ilford chiama ID-11 e la Ornano S-38. Si comporta bene fino a 800 iso, dopo presenta velo e toni poco gradevoli. Grana più fine se usato concentrato, nitidezza aumentata se diluito 1+1. Non adatto al tiraggio spinto. Sfruttamento 50 dmq/litro: usato stock conviene adottare il sistema di allungare i tempi del 10% per ogni rullo trattato fino a raddoppiare il tempo, perciò 2° rullo +10%, 3° +20%, ….., fino a 11° +100% (che è il doppio del tempo di partenza), poi buttare via, tutto ciò entro sei mesi dalla preparazione, conservato in bottiglia piena e al buio (consigliamo di riutilizzarlo solo se in sequenza, visto il costo non elevato, e di fare bottiglie di stock ciascuna da un litro, perchè aprendo e chiudendo spesso le bottiglie è facile che si ossidi prima dei sei mesi). Se utilizzato diluito, è monouso. Agitazione: 15s iniziali e 5s ogni 30s successivi. Adatto a tutte le pellicole, dà il meglio con Agfapan 25, TMax100, FP4 e Tri-X. Per i tempi di sviluppo, D.R. Fotografia
T-Max Liquido concentrato, concepito per le pellicole T-Max, può essere utilizzato con ottimi risultati anche su altre pellicole, purchè tabulari. Si presta bene al tiraggio (fino a tre stop). Eccellente sfruttamento della sensibilità, con leggibilità nelle ombre. Agitazione: 5-7 rovesciamenti energici iniziali in 5s, poi lo stesso ogni 30s. Sfruttamento 60 dmq/litro se concentrato (12 rullini 135/36 o 120). Prezzo elevato. Concentrato si conserva per due anni, diluito (1+4) fino a 6 mesi in flaconi pieni e ben chiusi. Non è stata resa nota la formulazione, anche se risultati praticamente uguali si hanno con l’Ornano MX.
X-tol In polvere. Se usato diluito è monouso, non ingrossa la grana (anche se appare più impastata che con il D-76) e ha comunque un buon effetto compensatore. Diluito 1+3 è problematico da usare; con le pellicole esposte a sensibilità nominale è meglio usarlo a 1+1 a perdere per pellicole 400iso, 1+2 per pellicole 100 iso, stock per pellicole 400iso tirate o ultrasensibili. In media non dà risultati migliori del D-76, tranne che con Fuji Neopan 400 (grana fine e secca), Fuji 100 Acros (con una resa però molto “fredda”, più adatta ad architetture che a ritratti), Kodak PlusX (grana più fine del D-76). Un vantaggio è che, pur producento un macrocontrasto simile agli altri rivelatori, sfruttando molto bene la sensibilità delle emulsioni produce negativi che possono essre stampati – a parità di microcontrasto e granulosità – più grandi del 10% circa. Infine come vantaggi grande stabilità nel tempo (oltre un anno in flaconi ben tappati e senz’aria) e grande capacità (un litgro sviluppa fino a 15 rullini 135/36 o 120 aumentando opportunamente il tempo di trattamento). Per i tempi di sviluppo, pubblicazione Kodak J-107 – Kodak Xtol.
HC-110 Liquido concentrato, di uso esteso a diverse applcazioni a seconda della diluizione. Contrasto tendenzialmente elevato e gamma tonale estesa. Diluizione: da 1:15 a 1:79; le istruzioni per la diluizione generano confusione: viene consigliato di passare attraverso una diluizione intermedia, per poi “allungare” ulteriormente il preparato. Risulta più comodo e più indicato ad una buona conservazione la diluizione direttamente dal liquido concentrato (procurarsi una siringa senza ago, data la consistenza “mielosa”), in ragione di 1:15 (dil. A) o di 1:31 (Dil.B). Con la confezione da 1L si trattano più di 100 rullini, quindi è molto economico. Agitazione: 15s iniziali e 5s ogni 30s successivi. Conservazione: diversi anni, per il liquido concentrato; le diluizioni 1:15 e 1:31 si conservano per 1 settimana, diluizioni maggiori sono monouso.
Rivelatore concentrato energico. pH:9,40 a diluizione A; non eccesivamente elevata. Contrasto vigoroso. Sfruttamento sensibilità buona, con lieve incremento della sensibilità nominale e possibilità di aumentare significativamente le densità di medie ed alte luci. Granularità: grana molto vistosa, pur se secca e ben disegnata. Acutanza: discreta, ma non eccezioale in assoluto. L’aspetto generale della stampa risulta però solitamente gradevole per il macrocontrasto vispo. Abbinamenti: non sgradevole con FP4, e Plus-x. Utile per “tirare” il trattamento delle 400 ASA. Ottimo con la HP5, buoni risultati con Kodak TriX, Agfa APX400, la Fuji Neopan 400.
link alla scheda prodotto Kodak in inglese
link a scheda prodotto non ufficiale in inglese
E’ un rivelatore molto tollerante nel senso che ammette di buon grado piccoli errori nella durata del trattamento o nella temperatura (l’Xtol invece no).
ILFORD
ID-11 vedasi Kodak D-76
Microphen In polvere. Adatto al tiraggio. Grana fine. Agitazione 15s iniziali e 10s ogni 30s successivi. Sfruttamento 50 dmq/litro se puro; se diluito è monouso. Si adatta a tutte le pellicole, particolarmente indicato con le alte sensibilità. Rispetto all’ID11/D76, rende le ombre più aperte e migliora in generale la nitidezza, diminuendo il contrasto. Per i tempi di sviluppo, D.R. Fotografia
Ilfosol Liquido concentrato da diluire 1:9-1:14 (quest’ultima sconsigliata). Monouso. Grana fine, ma flocculata, non ben definita. Non adatto al tiraggio. Si comporta bene con le alte sensibilità esposte nominalmente. Agitazione 15s iniziali e 10s ogni 30s successivi. Sconsigliato perchè ha una conservazione limitatissima (pochi mesi dalla produzione), quindi deve essere comprato soltanto se si può esser sicuri che sia freschissimo ed usato entro breve. Tener presente che la sua ossidazione avviene senza cambiare il colore originario, quindi non si può essere sicuri non sia già scaduto.
Ilfotec DD-X Liquido concentrato da diluire 1+4, è un rivelatore a grana fine formulato sulle caratteristiche delle pellicole Ilford, specialmente per la linea Delta Pro. In particolare è il rivelatore ideale per Delta 3200. Si comporta molto bene anche con le Kodak TMax.
TETENAL
NEOFIN Rosso e Blu D.R. Fotografia rivelatore interessante la cui disponibilità sul mercato italiano è purtroppo attualmente sospesa. Si tratta di uno sviluppo fortemente compensatore. Agisce al limite dell’esaurimento: come tale richiede AGITAZIONE CONTINUA e prolungamento dei tempi di sviluppo nel caso si tratti di più di una pellicola contemporaneamente. E’ confezionato in fialette monodose di liquido concentrato. E’ piuttosto caro. pH 10,80 per entrambe le versioni. Contrasto: medio basso, con forte capacità compensatrice. La versione “Blu” è pensata per le pellicole di bassa sensibilità, ed è lievemente meno contrastata della versione “Rosso” per pellicole di sensibilità medioalta. Sfruttamento sensibilità:medio. Appena appena quella nominale, con una certa preferenza alla sovraesposizione di mezzo stop quando si desideri una densità generale un briciolo più elevata del necessario. Granularità: buona. Non eccezionalmente disegnata, un po’ fioccosa. Acutanza: discreta per il rosso, elevata per il blu, che rientra tra gli sviluppi ad alta acutanza (che servono ad avere il meglio dalle pellicole a bassa sensibilità e in cui i soggetti devono restituire i minimi dettagli anche con unevidente effetto bordo). Abbinamenti: Agfapan 25 per ottima compensazione con bassa sensibilità; Plus-X. Non consigliabile con Tri-X. Attenzione: è indispensabile l’agitazione continua per la durata indicata per ciascuna pellicola.
Proprietà:Prodotti liquidi concentrati, commercializzati in fiale di vetro da 25ml. Il blu è dedicato alle basse-medie sensibilità, il rosso alle alte sensibilità. Acutanza elevata. Diluizione:da 1:11 a 1:27 Agitazione:I tempi di trattamento suggeriti dalla Casa sono riferiti a 2 procedure di agitazione per rovesciamento: ogni 3s oppure ogni minuto. Sfruttamento:Alla diluizione 1:11 una fiala serve per un solo trattamento (la fiala da 50ml serve per fare 600 ml a 1:11; la fiala da 30 ml serve per fare 360 ml); alla 1:27, per 2 trattamenti (la fiala da 30 ml serve per fare 810 ml)Conservazione:Nella fiala originale si conserva almeno un paio di anni; in fiala aperta e parzialmente usata va utilizzata entro 3 o 4 settimane.
Accoppiamenti e tempi consigliati (a 20°C): Agfa APX-25 in blu 1+11 16 min. (eccellente); APX-400 in rosso 1+11 9 min; Ilford PanF in blu 1+11 11 min; HP5 in rosso 1+11 9 min;
Fin qui per poter scegliere il rivelatore in base a determinate caratteristiche che ricerchiamo o se abbiamo già un determinato rivelatore in casa; ma se invece sappiamo di utilizzare quasi sempre lo stesso tipo di pellicola, vediamo di creare una banca dati per scegliere un rivelatore in base alla pellicola:
ILFORD FP4+ 125 Kodak D-76(1+1 o 1+3)/Ilford ID-11/Ornano S-38 sono i più consigliati; noi usiamo l’ID-11 1+1 a sensibilità 125 con tempo 9 min a 20 °C; Rodinal 1+25 se si vuole accentuare la grana; tempi da bugiardino. In Kodak Xtol 1+1 per 10 minuti a 20*, agitazione continua per i primi 30 secondi, poi 5 rovesciamenti per 5 secondi ogni 30 secondi, rende una gamma di grigi estesissima. In Kodak TMax, 8 min a 20°C, con agitazione “alla kodak”, 5-7 agitazioni iniziali, poi lo stesso ogni 30s.
ILFORD HP5+ 400 Ilford Microphen (consigliamo di esporla a 200 iso 1+3 16 min -ottima per ritratto-, 1+1 a 400, oltre stock), Kodak D-76(1+0 o 1+1)/Ilford ID-11/Ornano S-38 e Ilford Ilfotec DD-X sono i più consigliati;
ILFORD Delta 100 esposta a 50 D76 1+1 10minuti; esposta a 100 D76 1+1 11minuti. A 50 con Rodinal 1+50 11 minuti.
ILFORD Delta 400 consigliata per un’incredibile sensazione di nitidezza e grana finissima esposizione a 200 in Rodinal 1+50 per 12minuti, sempre esposta a 200 D76 1+1 10minuti; esposta a 400 D76 stock 9minuti; usando l’apposito Ilfotec DD-X, a 20°C, se esposta a 200 6 minuti, se esposta a 400 8 minuti.
ILFORD Delta 3200 Ilford Microphen, Ilford Ilfotec DD-X e Ilford ID-11/Kodak D-76 sono i più consigliati. Esposta a 1600 in Microphen stock 8 min, in D-76 stock 9,5 min. Esposta a 1600 in Kodak TMax 1+4 per 7,5 min a 20°, 5-7 agitazioni iniziali in 5s, poi lo stesso ogni 30 secondi. Esposta a 3200in Kodak TMax 1+4 per 8,5 min a 20°, 8 min a 21°, 7 min a 22°, 6,5 min a 23°, 6 min a 24°, 4 agitazioni in 10s, ogni 60 secondi.
ILFORD SFX 200 (infrarosso) esposta a 400 microphen 1+0, 10 minuti.
ILFORD Pan F+ 50 esposta a 50 ID11 1+1 x 8′ e 30″. Esposta a 25 D76 1+3 per 14 minuti con agitazione di 30″ iniziali + 10 secondi a metà trattamento + 10 secondi ad 1 minuto dalla fine (le pause DEVONO essere rispettate scrupolosamente e in esse la tank non deve essere toccata minimamente), poi un fissaggio abbondante. Esposta a 25, e volendo un risultato con basso contrasto, Rodinal a 20° 1+50 per 8′ 30″, 2 inversioni ogni 2 minuti. Esposta a 25, e volendo un risultato con medio contrasto, Rodinal a 20° 1+50 per 6′, 2 inversioni ogni 2 minuti. Esposta a 25, e volendo un risultato con forte contrasto, Rodinal a 20° 1+75 per 5′, in stand development, senza agitazione, svuotando la tank una decina di secondi prima dei 5 minuti, in modo da iniziare il lavaggio dopo 5′ esatti. Esposta alla sensibilità nominale necessita di un rivelatore che ne esalti l’acutanza, molto compensatore e che tenga il contrasto sotto controllo, come il D76 molto diluito. Ilford consiglia il Perceptol, un rivelatore solvente che non sfrutta appieno la sensibilità ma che riduce ulteriormente la grana, ma l’acutanza ci perde troppo. In HC110 B, esposta a 50 iso, 6′ 30” a 20°, agitazione 30” poi 3 agitazioni al minuto.
KODAK Tri-X 400 Rodinal se si vuole esaltare la grana secca ed avere stampe dal gusto retrò; Kodak D-76/Ilford ID-11/Ornano S-38 per cercare nitidezza e poca grana. Esposta a 400, 21°, Rodinal 1+50 per 14′, agitazione 60” iniziali poi 10” ogni 60”. Esposta a 400, 21°, ID-11 1+1 per 12′, agitazione 15″ ogni 60″. Esposta a 200, Rodinal 1+50 per 9′ a 20° (8,5′ a 21°, 8′ a 22°, 7′ a 24°), agitazione 60” iniziali poi 10” ogni 60”.
KODAK Tri-X 320/320TXP (formato 120) Rodinal se si vuole esaltare la grana secca ed il contrasto vivace ed avere stampe dal gusto retrò; Kodak D-76/Ilford ID-11/Ornano S-38 per cercare nitidezza e poca grana; esposta a 320, 21°, Rodinal 1+50 per 14′, agitazione 10” ogni 60”. Esposta a 200, Rodinal 1+50 per 12′ oppure ID-11 1+1 per 12′.
KODAK T-Max Kodak T-Max e Ilford Ilfotec DD-X i più consigliati. Con il D-76 per la TMax 100 il tempo consigliato di sviluppo a 20° è di 11′ diluito 1+1; se esposta a 50 iso D-76 1+1 per 10′. Sempre con il D-76 per la TMax 400 il tempo consigliato di sviluppo a 20° è di 15′ (10′ 1/2 a 24°) diluito 1+3. Per la TMax in sviluppo TMax seguire tempi e metodo d’agitazione (da 6 a 9 capovolgimenti veloci in 5s ogni 30s) consigliati. Con il Kodak XTol si ottiene una nitidezza notevole ed una grana appena percettibile mantenendo un ottima scala di grigi: diluizione 1+1, 9′ a 20° o 7′ a 24°.
2. ARRESTO
Si usa tra sviluppo e fissaggio per arrestare la reazione di sviluppo e per non contaminare il successivo bagno di fissaggio (essendo riutilizzabile). C’è chi lo sostituisce con un risciacquo in semplice acqua di rubinetto, con il vantaggio di non dover avere a che fare con un prodotto chimico in più. Tuttavia, visto anche il non eccessivo costo dello stop, ci sentiamo di consigliarlo vivamente: il passaggio da un agente basico, lo sviluppo, magari forte come un Rodinal, al fissaggio che è acido ed aggressivo, a noi ha provocato in molte occasioni il formarsi di bollicine sull’emulsione, che poi risultano puntini neri (bianchi una volta stampati). A proposito di puntini bianchi: ove l’impiego dell’arresto non fosse sufficiente, resta soltanto la soluzione di utilizzare un filtro per le particelle sospese nell’acqua di rubinetto: si trova su fotomatica. Nel nostro caso (centro storico di Torino, con tubazioni del condominio molto molto vecchie e grandi quantità di ruggine nei tubi) abbiamo dovuto optare per usare l’acqua demineralizzata per la preparazione dei liquidi, sviluppo-arresto-fissaggio-imbibente, stando attenti ad evitare la formazione di schiuma eccessiva (per esempio usando sempre un pò più di liquido piuttosto che un pò meno), poi acqua filtrata con il filtro anzidetto per il lavaggio, ed i puntini sono quasi del tutto scomparsi.
Ilford Ilfostop: ha il vantaggio di non avere le puzza tipica dell’acido acetico, altro arresto utilizzato per lo più. Va diluito 1+19. Si conserva 5 anni sigillato, 12 mesi in bottiglie a metà ben tappate. Diluito si può riutilizzare nel tempo massimo di una settimana per fare un massimo di 15 pellicole 135 con un litro di soluzione: contiene un indicatore che gli fa virare colore dal giallo (prodotto fresco) al porpora. Scheda tecnica www.ilfordphoto.com/Webfiles/2006130214472102.pdf
Una quindicina di secondi prima dello scadere del tempo di sviluppo, svuotiamo la tank direttamente nella bottiglia dello sviluppo servendoci di un imbuto. Quindi immettiamo la stessa quantità d’acqua (o di arresto), agitiamo per una ventina di secondi e svuotiamo di nuovo.
3. FISSAGGIO
Anche in questo caso c’è solo l’imbarazzo della scelta. Poiché lo stesso prodotto può usarsi anche per il fissaggio delle stampe e poiché non ha problemi di conservazione come il rivelatore, conviene acquistare i flaconi più grandi. Conviene utilizzare i fissaggi cosiddetti rapidi all’ammonio tiosolfato, preferibili a quelli normali perchè ci si impiega meno tempo.
Lo sviluppo produce argento metallico, lasciando inalterato l’alogenuro; l’emulsione resta lattiginosa, a bassa trasparenza, per la presenza dell’alogenuro non esposto e non annerito, ma che potrebbe annerire – in seguito – per la sola azione della luce. Il fissaggio scioglie l’alogenuro, formando un sale complesso, e rende trasparente l’emulsione; la sua azione non deve essere quindi limitata al tempo necessario a produrre la trasparenza, ma protratta per un tempo ulteriore, almeno uguale a questo, per asportare il sale complesso dall’emulsione, riducendo i residui di bromuro d’argento al disotto di livelli che potrebbero risultare dannosi per la conservabilità del materiale. Un prolungamento – entro limiti ragionevoli – del tempo di fissaggio non produce alcun effetto dannoso; solo dopo alcune decine di minuti si può osservare una riduzione della densità globale, per la blanda azione dissolvente del tiosolfato sull’argento metallico.
La gestione del bagno di fissaggio è semplice: si verificherà con la cartina al tornasole il permanere dello stato di acidità, si controllerà che i tempi di trasparenza dell’emulsione non superino il doppio di quelli del bagno fresco: oltre questo limite il prodotto è da considerarsi praticamente esaurito. La scarsa acidità potrà essere compensata dall’aggiunta di pochi mi/litro di acido acetico; l’uso del bagno di arresto, di solito, evita il pericolo che l’acidità diventi insufficiente.
Il bagno di fissaggio è normalmente costituito da una soluzione di tiosolfato di sodio – circa al 30% – addizionata di metabisolfito di potassio (o di altro prodotto acidificante) nella misura media di 20 g/litro. Invece il tiosolfato di ammonio, al 20%, ha un’azione più rapida. Si possono aggiungere altri prodotti: acido borico (10 g/litro), acido acetico (15 mi/litro), solfito di sodio anidro (15 g/litro), che esercitano un’azione tampone del pH. Altre aggiunte possibili sono gli allumi, di cromo o di alluminio, per i fissaggi cosiddetti induritori; il bagno induritore, utile nei climi tropicali, richiede tuttavia un prolungamento del lavaggio finale, per la ridotta permeabilità della gelatina indurita.
ILFORD
HYPAM, ora in fase di sostituzione con il RAPID FIXER: universale per tutte le pellicole bn. Va diluito 1+4; il tempo di fissaggio è indicato min 2/5 min.: noi suggeriamo 8 min; si introduce il fissaggio nella tank e si fa partire il timer, si agita per 30 secondi, si batte la tank un paio di volte su una superficie dura per eliminare eventuali bolle d’aria formatesi durante l’agitazione (come già fatto per lo sviluppo), si lascia riposare per 30 secondi, ogni minuto successivo si agita per circa 15 secondi, allo scoccare dell’ottavo minuto si svuota la tank. Si conserva sei mesi una volta aperto e 7 giorni una volta diluito. Capacità 24 pellicole 135-36 con un litro di soluzione.
KODAK
Chi usa negativi Kodak, come TriX o TMax, si accorgerà che con il metodo ed i tempi di fissaggio utilizzati normalmente su altre pellicole, capita a volte di ottenere pellicole con un colore tendente al rosa, effetto problematico perchè ciò in fase di stampa altera la risposta delle carte a contrasto variabile. Con queste pellicole è consigliabile utilizzare il fissaggio Ilford Rapid Fixer oppure il Kodak Rapid Fixer oppure il Kodak Tmax fixer, a base di tiosolfato di ammonio:
KODAK Rapid Fixer: vigorosa e frequente agitazione per 5-6 minuti a temperatura compresa tra 18 e 24°C.
KODAK TMax Fixer: agitazione continua per il primo minuto, poi 5s ogni 30s per un totale di almeno 8 minuti a temperatura compresa tra 20 e 27°C. Va diluito 1+4 e si conserva 6 mesi diluito (o almeno così dice la casa) o in bottiglie aperte.
Per mantenere i tempi di fissaggio più corti possibile, la Kodak raccomanda il KODAK Rapid Fixer o il Kodak Tmax fixer. Usando altri fissaggi non Kodak o gli stessi Kodak, come KODAK Fixer o KODAFIX, fissare invece per 10 minuti o il doppio del tempo necessario perchè la pellicola sia trasparente; si può controllare la pellicola dopo 3 minuti in KODAK Rapid Fixer o 5 minuti in KODAK Fixer o KODAFIX.
Importante: il fissaggio si esaurisce più rapidamente con le pellicole TriX o TMax che con altre. Se i negativi mostrano una dominante magenta (rosa) dopo il fissaggio, significa che questo è quasi esaurito o che il tempo di fissaggio è stato insufficiente, quindi ripetere il fissaggio in fissaggio fresco e rilavare, anche se il negativo è già asciutto, oppure, se il rosa non è pronunciato ed irregolare sulla superficie della pellicola, rimuoverlo utilizzando KODAK Hypo Clearing Agent.
Ilford Rapid Fixer, Ilford Hypam, Kodak Rapid Fixer Kodak Tmax fixer, Kodafix o Ektaflo Fixer sono fissaggi al tiosolfato di ammonio, che lavorano più velocemente dei convenzionali fissaggi al tiosolfato di sodio, come il Kodak Fixer. Le pellicole TMax vengono fissate in 5-6 minuti con fissaggi freschi al tiosolfato di ammonio, mentre richiedono più di 10 minuti con fissaggi al tiosolfato di sodio.
4. LAVAGGIO
Anche qui essenzialmente due modalità:
I) lasciare la tank aperta sotto l’acqua corrente per un congruo tempo. Quanto? Ogni pubblicazione fornisce un valore diverso, comunque un quarto d’ora è un tempo sufficiente, mezz’ora è “meglio”.
II) esiste anche una procedura indicata negli opuscoli delle pellicole ILFORD, garantita per una conservazione “da archivio”, che consente un gran risparmio di acqua e di tempo:
* riempire d’acqua la tank, agitare per 5 volte, quindi svuotare;
* riempire d’acqua la tank, agitare per 10 volte, quindi svuotare;
* riempire d’acqua la tank, agitare per 20 volte, quindi svuotare.
Noi consigliamo un ulteriore ciclo di 20 agitazioni, quindi 5-10-20-20.
5. IMBIBENTE
Terminata la fase di lavaggio, se si lasciasse asciugare il negativo così ottenuto si formerebbero macchie di calcare lasciate dalle gocce d’acqua che evaporano. Per evitare questo esistono molte e controverse tecniche.
L’ortodossia del BN consiglia di operare un ultimo bagno in acqua addizionata da un apposito prodotto chiamato “imbibente” (le maggiori marche di prodotti per il BN ce l’hanno in listino), che non è altro che un tensioattivo; si può quindi sostituire con una goccia di sapone neutro o di shampoo. Altri usano una miscela di acqua + alcool (che tra l’altro rende più veloce l’asciugatura).
Molti altri infine usano un ultimo bagno in acqua demineralizzata: in questo modo l’acqua che resta sul negativo è priva di sali minerali per cui, evaporando durante l’asciugatura, non lascia traccia. Pare, però, che l’acqua demineralizzata indebolisca l’emulsione rendendola delicatissima, per cui se volete usare questa tecnica maneggiate il negativo con la massima delicatezza.
Al proposito, s-consigliamo sempre e comunque di asciugare con un panno od altri strumenti appositi la pellicola: il rischio di rigarla è sempre elevato e l’imbibente serve proprio ad evitare questo. L’acqua demineralizzata serve solo per l’imbibente, per sviluppo e fissaggio è inutile (anzi, si crea troppa schiuma con sviluppo o con fissaggio, per la bassa tensione superficiale; meglio, se ad esempio l’acqua del rubinetto contiene molto cloro o è davvero troppo dura, ma non è quasi mai il caso, usare acqua minerale in bottiglia di media durezza), mentre per il lavaggio, un’acqua dura eventualmente lava ancor meglio. Quindi, dopo il lavaggio, sciacquo con acqua demineralizzata, imbibente in acqua demineralizzata e a finire ultima “doccia” con l’imbibente. Alternativa all’ultima doccia con l’imbibente (negativo appeso in doccia e versare l’imbibente dall’alto prima su un lato e poi sull’altro) è la tecnica, di verificato funzionamento, di scrollare la spirale (tenendo il perno ed imprimendo un movimento come “di benedizione”) finchè non viene più rilasciata alcuna gocciolina d’acqua; questo velocizza anche poi il tempo di asciugatura – che diventa circa mezz’ora – e minimizza il rischio che si depositi polvere.
Importantissimo in ultimo lavare poi bene spirali e tank per eliminare ogni traccia di imbibente.
Visto che un boccettino di imbibente da 250cc costa circa cinque euro, e con il ritmo di 2 gocce per sviluppo durerà per almeno cinquecento rulli, non è in questo caso giustificabile lo spender poco e sostituirlo con lo shampoo, visto che, da ultimo, l’imbibente può esser anche riutilizzato, la casa lo specifica espressamente, basta seguire le istruzioni di diluizione fornite.
Un consiglio: nonostante sulle confezioni di solito sia scritto qualcosa tipo: “tempo di immersione delle pellicole: 2 min con agitazione”, non intendete agitazione come shakeraggio della tank, come per sviluppo e fissaggio: mettete la spirale nella tank aperta o in qualsiasi altro contenitore in cui sia stato preparata la soluzione acqua/imbibente e dolcemente muovete la spirale nel liquido, in modo che tutta la superficie della pellicola venga “lavata”; agitando l’imbibente otterreste solo schiuma difficile da eliminare…
TIRAGGIO DELLA PELLICOLA
Una volta che si comincia a sviluppare da sè si comincia a vedere che le pellicole o i tempi di sviluppo dei rivelatori tengono conto del cosiddetto tiraggio della pellicola, ossia l’utilizzo ad una sensibilità diversa da quella nominale.
A cosa serve il tiraggio?
Teniamo conto che le pellicole rapide odierne sono in grado di fornire una grande nitidezza e definizione in condizioni di luce tra le più differenti. Anche quando vengono “forzate” a sensibilità maggiori del doppio o il triplo della loro sensibilità nominale riescono a fornire risultati tecnicamente accettabili ed artisticamente molto interessanti. Anzi, l’estensione e la compressione tonale che si ottengono sovraesponendo e sottosviluppando (esposizione ad una sensibilità inferiore alla nominale + diminuzione del tempo di sviluppo) e sottoesponendo e sovrasviluppando (esposizione ad una sensibilità superiore alla nominale o “tiraggio” + aumento del tempo di sviluppo) sono da considerasi insostituibili mezzi di espressione fotoartistica.
Un esempio?
a) Una Kodak Tri-X esposta a 400 Iso e sviluppata in Kodak D 76 1+1 fornisce una gamma tonale equilibrata e normale;
b) se la stessa emulsione la esponessimo a 1600 Iso e prolungassimo il tempo dello stesso sviluppo otterremmo un considerevole aumento del contrasto accompagnato da un’accentuata granulosità, effetti questi che potrebbero essere ricercati per drammatizzare il soggetto; noi personalmente comunque consigliamo, se servono 1600 iso, di utilizzare una pellicola a 1600 iso, riservando il tiraggio per situazioni come un concerto, teatro o altro, quando non si ha con sè una pellicola dalla sensibilità adatta, mentre al contrario la sovraesposizione (l’opposto) fornisce in diversi casi risultati interessanti:
c) se, viceversa, volessimo estendere la gamma tonale di un soggetto molto contrastato dovremmo esporre la Tri- X a 200 Iso (sovraesposizione) e diminuire il tempo di permanenza nello sviluppo. Questo uso della sovraesposizione consente di ottenere plasticità nelle immagini e grande distribuzione delle tonalità di grigio. Vedi anche ‘esporre per le ombre e sviluppare per le luci’ nell’intervento successivo.
Variare il contrasto con questa tecnica significa porsi rispetto al soggetto con l’idea di comprimere le tonalità intermedie (aumento del contrasto) oppure produrre una estensione tonale intermedia per far risaltare particolari nelle luci estreme.
Da tutto ciò, in considerazione anche di quanti e quali tipi di rivelatori dagli effetti più diversificati esistono in commercio (grana fine, grana grossa, compensatori, alto contrasto, alta acutanza), si comprende quante combinazioni pellicola, sensibilità e rivelatore possano contribuire al risultato finale.
VARIABILI DI CUI TENERE CONTO NELLO SVILUPPO
1. aumento della diluizione con conseguente aumento del tempo di sviluppo
Una maggiore diluizione del rivelatore comporta un maggior effetto compensatore (L’EFFETTO COMPENSATORE fa sì che si sviluppino a fondo le ombre evitando al tempo stesso che le luci vadano fuori scala) ed un miglioramento dell’acutanza (L’ACUTANZA è la capacità della pellicola di riprodurre i contorni degli oggetti sotto forma di una netta differenza di densità. La nitidezza di un’immagine fotografica non dipende solamente dalla finezza della grana, ma soprattutto dall’acutanza. Quindi può accadere che un’immagine con grana evidente e ben dettagliata possa apparire più nitida di una che presenti una grana fine e impalpabile. In conclusione la finezza della grana è direttamente proporzionale al POTERE RISOLUTIVO della pellicola, cioè la capacità dell’emulsione di riportare distintamente dettagli molto vicini fra loro; la nitidezza invece, è determinata prevalentemente dall’acutanza).
Di contro, aumentando la diluizione ed allungando i tempi la grana aumenta, con compressione della gamma tonale (poco contrasto).
Ricordiamo però di non fare di tutta l’erba un fascio: il discorso funziona con alcuni rivelatori in polvere ad alta concentrazione di solfito tipo ID-11 e D-76, ma con molti rivelatori liquidi già previsti per forti diluizioni (di solito gli “usa e getta” come l’Ilfosol) le dimensioni e la “qualità” della grana fotografica in questo modo peggiorano sensibilmente.
2. riduzione dell’agitazione
Di solito questo viene abbinato all’aumento di diluizione di cui al punto precedente, sempre per favorire acutanza e compressione tonale. In pratica il rivelatore diluito e poco agitato si esaurisce velocemente sulle zone molto esposte (nere sul negativo) rallentandone lo sviluppo (le luci non si forano) e continua l’azione energica sulle ombre (zone chiare del negativo) aprendo le ombre. In questo modo il negativo si appiattisce e rimane molto leggibile.
3. esporre per le ombre e sviluppare per le luci / il sistema zonale
Per il negativo (che sia bn o colore) occorre prendere in considerazione in ripresa le ombre “importanti” per il fotografo (in questo modo si sovraespone tutto il fotogramma) e poi, per non pelare le alte luci, nel caso le ombre siano molto scure (ad esempio l’interno buio di un negozio con fuori un sole pieno) eventualmente sottoesporre (chiudere) di 1-2 stop. Questa “esposizione per le ombre corretta” permette di rendere le alte luci meno intrattabili. Il negativo rimane ancora molto contrastato, ma a questo punto si interviene con lo sviluppo. Un classico esempio (tratto da www.nadir.it) è l’utilizzo in questo senso di una pellicola HP5 in ID-11 diluito ad 1+3 per 16 minuti invece dei 20 regolamentari, cioè con una riduzione del 20% sul tempo prescritto (sottosviluppo). La generosa esposizione per le ombre in fase di ripresa e l’effetto compensatore del rivelatore consentono di abbassare a sufficienza le alte luci senza perdere dettagli se non nelle aree più scure.
Esporre per le ombre e sviluppare per le luci non significa altro, in parole più tecniche, che sovraesporre e sottosviluppare allo scopo di mantenere contenuti i contrasti, ed è molto utile in quei casi in cui si hanno grosse differenze tra zone in ombra e zone illuminate, in ambedue delle quali si vuol raccogliere il maggior dettaglio possibile. Utilizzando il metodo predetto o altri simili, poi, si riescono comunque a salvare ovviamente anche tutti gli altri scatti fatti sullo stesso rullino.
Riassumendo (molto) i principi del sistema zonale di Ansel Adams, si può dire che, nell’esposizione, è bene controllare soprattutto le basse luci in quanto saranno queste che, nello sviluppo, non potremo più governare (o se potremo, poco). Le alte luci pertanto potranno anche essere leggermente sottoesposte o sovraesposte, purchè naturalmente esse presentino dettaglio. Questa è sostanzialmente la prima fase: fare in modo che, nel momento dello scatto, le parti scure del fotogramma siano più o meno esposte come si vorrà stamparle, e badare che le parti chiare non perdano dettaglio (se, ad esempio, al momento dello scatto c’è molta differenza tra parti scure e parti chiare di un soggetto). La seconda fase consiste sostanzialmente nel tenere conto del fatto che un negativo, nel momento in cui lo si sviluppa allungando il tempo di bagno nei chimici, vedrà le alte luci “aumentare di esposizione” mentre le basse luci resteranno pressocchè invariate. Allo stesso modo, diminuendo il tempo di sviluppo, le alte luci “scenderanno”, le basse luci, no. Facciamo un esempio opposto a quello citato in precedenza (fotogramma in cui vi sono grandi differenze di esposizione tra ombre e luci) e supponiamo di avere un soggetto “piatto”. Secondo Ansel Adams:
1. Misuro l’esposizione e mi faccio un’idea del risultato finale
2. Tenendo presente il mio obiettivo, espongo in tal modo che le basse luci risultino sul fotogramma esattamente come voglio che siano stampate, perché so che in fase di sviluppo poco potrò fare
3. Le alte luci, visto che siamo in presenza di un soggetto “piatto”, verranno probabilmente sottoesposte, o comunque non come vorrei che fossero.
A questo punto, in camera oscura, aumento il tempo di sviluppo: in tal modo, in un certo senso, aumento l’esposizione delle alte luci, mentre quella delle parti scure resta uguale. Ecco che ho aumentato il contrasto.
Il procedimento inverso (cioè diminuzione del tempo di sviluppo) si adotta, ripetiamo, per soggetti con grande differenza di esposizione tra alte e basse luci, ovviamente sempre tenendo presente le “ombre” come parti che rimarranno invariate.
Per inciso, anche se non riguarda la Camera Oscura, discorso contrario vale per le diaposiive, dove si misurano le alte luci e si sottoespone tutto il fotogramma. Per il digitale, invece, dove vale il concetto di “esposizione a destra” dell’istogramma, si torna a sovraesporre +2EV sulle zone più luminose, per avere un istogramma ben distribuito, poi in post-elaborazione tornerò a “sottosviluppare” per riottenere una luminosità generale come desiderata
4. sottoesporre e sovraesporre
Per non creare confusione tra questo intervento, in cui si parla di sovraesporre/sottoesporre riferendosi a tempi e diaframmi, e l’intervento precedente, in cui si parlava di sovraesporre/sottoesporre riferendosi alla sensibilità nominale della pellicola, nonchè a rillacciarci alla corretta esposizione delle diapositive, riportiamo:
se l’esposimetro indica che, dato un certo diaframma, il tempo “giusto” è 1/125 di secondo, e si scatta con 1/250 di secondo, si sta facendo scorrere l’otturatore più velocemente, dunque si sta facendo arrivare meno luce sulla pellicola, cioè si sta sottoesponendo (di uno stop, per l’esattezza). Se invece si scatta a 1/30 di secondo le tendine dell’otturatore scorrono più lentamente, facendo dunque arrivare più luce sulla pellicola. Quindi si sta sovraesponendo (di due stop: 1/125-1/60-1/30).
Veniamo ora agli effetti. Se si sottoespone, la regola generale è che si saturano i colori e che si chiudono le ombre. Vale a dire che la foto assume un aspetto “più scuro”, il cielo da azzurro diventa blu, il verde pallido di un prato diventa più intenso, eccetera.
Ora, le pellicole negative hanno una latitudine di posa molto estesa, ovvero sono in grado di non modificare più di tanto la loro resa sia che le si sottoesponga sia che le si sovraesponga. Questo vuol dire che nella pratica uno stop in più od in meno non fanno quasi mai differenza, anche perché una volta in stampa le macchine dei minilab tendono ad “appiattire” i risultati schiarendo le foto “troppo scure” e scurendo le foto “troppo chiare”, anche se magari il “più scuro” ed il “più chiaro” erano scelte creative e coscienti del fotografo (ma questo la macchina non lo sa). Le diapositive (invertibili), invece, non vengono stampate ma solo sviluppate, perciò non c’è un intervento esterno che alteri i risultati ottenuti dal fotografo. Però le diapositive hanno una tolleranza molto minore agli errori, per cui uno stop in meno od uno in più fanno una gran differenza; due stop di sovraesposizione normalmente conducono ad una diapositiva completamente bruciata, due di sottoesposizione ad una dia troppo scura.
Di solito, per saturare i colori senza però stravolgere il risultato finale si tende a sottoesporre leggermente le diapositive di 1/3 di stop, o al massimo di due terzi: l’emulsione invertibile diventa piu scura e si ottiene dunque una maggiore saturazione dei colori.
Con le negative, invece, conviene lavorare in senso opposto, e cioè sovraesporre sempre un pochino: i rischi di “bruciare” la foto sono minimi ma in cambio si ottengono quasi sempre maggiori dettagli nelle ombre e colori più ricchi; infatti per saturare maggiormente l’immagine nel caso dei negativi sovraesponendo si impressiona una maggiore quantità di alogenuro di argento e si hanno negativi piu carichi.
Un breve inciso (tratto dal forum di photo4u) per chi usa le spirali per sviluppare i rulli da 120 e vuole caricare sulla spirale due rulli uguali consecutivi, per evitare di fare inutilmente due volte di fila il lavoro di sviluppo, arresto, fissaggio (intanto un inciso: due cose sono essenziali per non avere problemi nell’avvolgere la pellicola sulla spirale, specie per il formato 120: deve essere tutto ben asciutto, perchè altrimenti la pellicola diventa appicicosa come una carta moschicida – basta il sudore delle mani in estate quando si usa la changing bag – ed impossibile da avvolgere; il taglio a smusso con le forbici sui due lati del film prima di cominciare l’avvolgimento):
1) o ci si compra una spirale Jobo Duo set 1501, da usare in tank Jobo (30€ spirale + tank), che ha un pezzo in plastica per evitare che le due pellicole si sovrappongano
2) o si usa l’accortezza di avvolgere il primo rullo fino al fondo della spirale (ci si riesce facilmente continuando a ruotare ed accompagnando delicatamente con le mani) poi si avvolge il secondo finchè non si raggiungono le alette di invito; è il metodo che noi preferiamo; attenzione poi a non fare l’agitazione della tank per rotazione (la seconda pellicola sovrapporrebbe la prima), ma per capovolgimento.
3) oppure con una spillatrice si pinzano i rulli con un punto sovrapponendoli di qualche centimetro; perchè la pellicola non prenda il solco sbagliato nella spirale, attenzione a mettere la parte curva del secondo rullo sopra e non sotto. Quando si tolgono le pellicole dalla spirale la prima cosa da fare è togliere i punti. Non ci sono nè problemi di ruggine, nè rischi di rigare le pellicole che nella spirale sono distanti tra loro. La difficoltà sta nell’allineare perfettamente le due pellicole in senso trasversale, cosa difficile da fare se si usa la changing bag, più facile se si opera in camera oscura.